venerdì 20 marzo 2009

Quinto Orazio Flacco, Epòdi 5, le Malie di Canidia


Per il mio ed il vostro piacere intellettuale inserisco questo componimento di uno degli autori latini più significativi, nonchè il mio preferito, Quinto Orazio Flacco.
Vi auguro una buona lettura dal vostro Fabio Calì.

Per tutti gli dei che in cielo governano
il genere umano e la terra
cos'è questo fermento?
Perché tutte mi guardate con occhi truci?
Per i tuoi figli, se a presenziare un tuo parto
Hai mai invocato Lucina,
per questo vano ornamento di porpora,
per Giove che questo condanna,
dimmi, perché mi guardi come una matrigna
o una belva ferita?

Così con voce tremante pianse il fanciullo,
quando impietrito fu spogliato,
un corpo immaturo che avrebbe intenerito
l'empio cuore dei traci.
Canidia allora, che fra i capelli arruffati
ha nodi guizzanti di vipere,
ordina che su fiamme della Còlchide
siano arsi cipressi funebri,
caprifichi divelti dai sepolcri,
uova di rospo viscido
sporche di sangue, penne di civetta,
erbe che vengono da Iolco
o dall'Iberia, patria di veleni, e ossa
strappate ai denti di una cagna.

Sàgana intanto, discinta e con i capelli
irti come riccio di mare
o cinghiale in fuga, sparge in tutta la casa
acqua del lago Averno.
Veia, che non è distolta da alcun rimorso,
scava a colpi di zappa
la terra, gemendo per la fatica:
qui seppelliranno il fanciullo
con solo il capo che affiora, come chi nuota
fuori dell'acqua ha solo il mento,
perché davanti ai cibi sempre nuovi e freschi
abbia a morire lentamente:
col midollo estratto e il fegato inaridito
si farà così un filtro d'amore,
quando le sue pupille sbarrate sul cibo
vietato si saranno spente.

Era presente anche Folia, la riminese
(così si crede a Napoli fra gli sfaccendati e nelle città vicine),
che ama le donne come un uomo
e per magia con l'incanto della sua voce
strappa dal cielo luna e stelle.
E Canidia, livida di rabbia, rodendosi
coi denti l'artiglio del pollice,
senza ritegno disse:
"Dell'opera mia
fedeli testimoni,
Notte e Luna, regina del silenzio,
al tempo dei sacri misteri,
ora, ora assistetemi e l'ira divina
volgete sulle case ostili.
Mentre le fiere si nascondono negli orridi,
abbandonate a un dolce sonno,
fate che i cani di Suburra latrino
contro quel vecchio traditore e tutti ridano,
profumato così com'è di nardo,
che migliore non saprei fare.
Ma perché, perché non hanno effetto i veleni
spietati della barbara Medea?
Con questi, in fuga, si vendicò della figlia
del grande Creonte, la superba rivale,
quando il peplo avvelenato, datole in dono,
tra le fiamme rapì la sposa in fiore.
Nessuna radice nascosta in luoghi impervi,
nessuna erba m'è sfuggita,
e il letto, in cui dorme, tutte le mie rivali
dovrebbe per malia fargli scordare.
Per gli incantesimi d'un'altra maga, ahimè,
più sapiente, se ne va libero.
Ma ora, Varo, dovrai piangere a lungo:
per effetto di un filtro inusitato
correrai da me e a me tornerà il tuo cuore
non più attratto da cantilene marsiche.
Filtro più forte ti preparerò, più forte
te lo mescerò, visto che mi odi,
e il cielo sprofonderà nel mare e su questo
si stenderà la terra,
se tu per me non arderai d'amore
come la fiamma nera del bitume".

A queste minacce il fanciullo più non tenta
d'intenerire quelle scellerate,
ma dopo lo smarrimento rompe il silenzio e
lancia, come Tieste, la sua maledizione:
"I filtri non possono mutare il destino
degli uomini, giusto o ingiusto che sia.
Vi maledirò; e questa maledizione
nessun sacrificio potrà espiarla.
Quando, messo a morte, sarò spirato, innanzi
vi comparirò nella notte come un demone,
larva che con gli artigli vi ghermirà il volto,
perché questo possono i morti,
e pesando sui vostri cuori inquieti,
nel terrore vi ruberò il sonno.
Nei villaggi da ogni parte la folla
vi lapiderà, streghe maledette,
e avvoltoi e lupi sull'Esquilino
dilanieranno le vostre membra insepolte:
questo dovranno vedere i miei genitori,
che, ahimè, mi sopravviveranno".

giovedì 19 marzo 2009

21/12/2012: annullare ogni impegno


Per definizione l'essere umano è finito, incompleto e imperfettissimo. Sebbene qualche superuomo si sentirà sminuito dalla seconda definizione per non parlare dei più immodesti che certamente detesteranno la terza, sarete tutti d'accordo sul finito. E non solo la sua vita avrà una fine, ma anche lo spazio in cui vive. La fine del mondo è ipotesi inevitabile per gli studiosi, ciò che distingue le diverse teorie è il tempo che abbiamo ancora a disposizione. Tralasciando le profezie del celebre Nostradamus che approfondiremo in un secondo momento e di altri oracoli e veggenti, secondo le informazioni del calendario Maya, l'età attuale (la quinta, esattamente quella dell'Oro) sta per terminare: la scadenza sarebbe stata fissata per il 21 dicembre. Non di quest'anno, tarnquilli, ma del 2012. A rendere più credibile e attendibile l'oscuro presagio, i risultati delle precedenti divinazioni. Le quattro ere antecedenti alla nostra (dell'Acqua, del Fuoco, dell'Aria e della Terra) sono terminate con catastrofiche calamità ambientali che hanno spazzato via ogni dubbio. Secondo numerosi ricercatori la fine di ciascuna era Maya è stata causata da un'irreversibile spostamento dell'asse del pianeta che avrebbe invertito il campo magnetico terrestre. Sappiamo che periodicamente il nostro pianeta subisce leggere variazioni dell'inclinazione assiale, ma gli scenari apocalittici sono risvolti a cui nessuno preferisce pensare. In realtà sono davvero molte le profezie che prevedono la fine dell'umanità: a differenziarle, le modalità con cui ciò accade. A partire dai terremoti alle più terribili catastrofi naturali, passando per l'ipotetico impatto di un meteorite e per disastrose guerre nucleari a cui nessuno sopravviverebbe, fino ad arrivare alle fiamme e e al fuoco che dal cielo anticiperebbero l'ora X.

A lasciare a bocca aperta i ricercatori ed i lettori più appassionati non sono le diversità scovate confrontando le diverse teorie, ma le numerose somiglianze che inevitabilmente vengono a galla. Come possono autori diversi, appartenenti ad epoche storiche differenti, giungere alle medesime conclusioni e a rappresentare le medesime scene a tinte fosche? Questo sì che è un bel mistero. Soprattutto perchè i protagonisti del singolare dilemma sono proprio i profeti che tutti conosciamo, grandi viaggiatori per mare, per terra e nel tempo, capaci di spostarsi avanti o indietro negli anni e di comunicare agli altri la triste novella. Allora, miei cari lettori, chi ha paura dei famigerati tre giorni di buio su tutta la terra?


A presto da Calì.

mercoledì 18 marzo 2009

FABIO CALI' CERCATORE DI RICERCHE 11: L'arca incagliata sull'Ararat



Qualche anno fa la voce si levò dalla Russia. Era il 2003 quando a Mosca una spedizione organizzata dall'associazione "Pianeta Sconosciuto" affermò di aver finalmente trovato un'enorme struttura di legname pietrificato corrispondente in forma e dimensioni alla celebre arca costruita da Noè e riportata nel testo biblico. Dove? Sulla catena dell'Ararat, ma sembrerebbe che l'enorme elemento fosse stato già avvistato e fotografato diverse volte dallo spazio. Il ritrovamento sembra ripetere riga dopo riga le parole che chiunque può leggere nella Bibbia circa la sua forma e soprattutto la sua collocazione ("sulle montagne dell'Ararat"). Lunga 150 metri, larga 25 ed alta 15, la struttura pare assomigliare proprio ad una nave il cui ponte equivarrebbe in dimensioni ad un regolamentare campo di calcio. Addirittura il capo della missione, Andrei Polyakov, che dice di aver ottenuto il permesso di salire sull'Ararat direttamente dalle autorità turche che allora era stato chiuso per motivi di sicurezza nel sudest curdo, sostiene di aver trovato anche delle enormi lastre pietrificate ricollegabili direttamente alle ancore. In realtà, talmente tante, da far pensare ad un'enorme flotta di navi piuttosto che ad un'unica imbarcazione. C'è da aggiungere che secondo fonti locali curde citate direttamente dal capo della spedizione appena nominato, l'arca si sarebbe spezzata in due parti in seguito ad un violentissimo e catastrofico terremoto avvenuto nel 1948 e che, pertanto, ciò che emerge al momento in superficie risulta essere solo una piccola parte dell'intera struttura presente. Insomma, la classica punta dell'iceberg. Da allora tante sono state le congetture e tanti gli altrettanti dubbi in merito. Non dobbiamo dimenticare però che i russi non furono i primi a gridare l'allarme ma che tanti furono, prima del 2003, i titoli sensazionalistici apparsi sui maggiori quotidiani del mondo che riportavano la notizia del grande ritrovameno. Già nel 1960, per esempio, Life Magazine presentava in prima pagina l'immagine di una grande struttura simile a quella di una barca che emergeva proprio vicino all'Ararat e tanti furono gli appassionati che decisero di andare a giudicare di persona. I miti, come le leggende più ancestrali, hanno un fascino particolare a cui non sappiamo resistere. Il problema è capire se stiamo ancora leggendo una storia o se ci troviamo invece di fronte alla realtà più palese.

Calì vi saluta, alla prossima scoperta.

martedì 17 marzo 2009

Scoperto sulla via Flaminia il mausoleo di un patrizio romano


Una sensazionale scoperta è avvenuta in questi giorni sulla via Flamina, l'antica via consolare che collegava Roma con l'antica Ariminum, l'odierna Rimini: un mausoleo pressochè integro e completo del rivestimento marmoreo e del monumentale timpano, cosa assai rara in un contesto archeologico come quello di Roma, in cui la continuità abitativa della Città Eterna ha spesso portato ad asportazioni di vario genere dai monumenti più insigni. Il ritrovamento, avvenuto nel cantiere edile dell'immobiliarista e costruttore Bonifaci, ha messo in luce questa maestosa struttura, forse appartenente all'imperatore Macrino, dapprima prefetto del pretorio di Caracalla, poi traditore dello stesso, come spesso avviene in posizioni di elevato potere (il prefetto del pretorio era secondo solamente all'imperatore). È stata inoltre ritrovata una statua togata, forse ritratto dell'imperatore.
Le fonti narrano che nel 217 Caracalla, recandosi in Oriente per preparare una campagna militare contro i secolari nemici di Roma, i Parti, portò con sè anche Macrino. Prima di intraprendere la battaglia vera e propria, Caracalla si recò a visitare un tempio, per compiere i dovuti sacrifici e le dovute preghiere alle divinità tutelari: al suo seguito vi era anche Macrino. Nonostante le vicende siano torbide e vecchie di duemila anni, è certo che l'imperatore morì a questo punto del viaggio, e che il suo prefetto del pretorio si autoproclamò imperatore, senza peraltro ricevere la nomina dal Senato, cosa straordinaria ed avvenuta per la prima volta nella storia di Roma. Alla notizia della morte di Caracalla, i Parti ne approfittarono ed invasero i territori romani: Macrino dunque decise di trattenersi in Oriente, ma lo scontento aleggiava sia a Roma, priva del suo imperatore, sia fra le truppe legionarie, infelici a causa della recente riforma dei pagamenti che privilegiava i veterani rispetto alle reclute, promulgata proprio da Caracalla.
Alle donne dell'entourage del defunto imperatore, ovvero quello che restava della famiglia imperiale dei Severi, Giulia Mesa, sorella di Giulia Domna nonchè madre di Caracalla e le figlie Giulia Soemia Bassiana e Giulia Mamea, fu intimato di lasciare il palazzo imperiale e di far ritorno in Siria. Queste così cominciarono a complottare contro Macrino, in favore del figlio di Giulia Bassiana Eliogabalo. Nel 218 le truppe del neoimperatore usurpatore furono sconfitte in battaglia. Macrino fuggì in Asia cercando appoggio dai Parti e dal figlio, ma fu trovato e giustiziato come usurpatore. Stessa sorte toccò al figlio Diadumeniano, precedentemente nominato Cesare, ossia naturale successore del sovrano.

Da Fabio Calì è tutto. Alla prossima scoperta.

lunedì 16 marzo 2009

La Sfinge


Da migliaia di anni, ormai, un enigmatico monumento osserva, impassibile, il sorgere del Sole ed il volgere degli astri: è la Sfinge della piana di Giza, alta ben venti metri, forse ritratto del faraone Chefren (2500 a. C. circa) e probabilmente ricavata da una grande roccia rimasta nella cava dalla quale si attinsero i blocchi per costruire la piramide di Cheope. Le frequenti tempeste di sabbia spesso hanno attentato alla "salute" di questo maestoso manufatto umano (?), rischiando di ingiottirlo; una leggenda narra che intorno al 1400 a. C. , nel momento in cui la Sfinge era sepolta fino al collo, un principe si sia fermato a riposare alla sua ombra: in un sogno profetico la Sfinge gli parlo, riferendo che se fosse stata liberata dai vincoli della sabbia, egli sarebbe diventato faraone. Il principe, destatosi, diede inizio ai lavori: questo principe sarà il futuro faraone Tuthmosis IV.
Custode delle porte e degli edifici, legata al culto del dio Horus, la Sfinge è sempre stata avvolta da un alone di mistero.

Questo è quanto ci viene spesso insegnato e divulgato. Ma c'è dell'altro, che riporterò in questa breve inchiesta: nel 1991 fu dimostrato, mediante varie prove archeologiche e scientifiche, che la Sfinge fosse molto più antica dei monumenti circostanti, addirittura di 8000 anni, ergo tremila anni prima della nascità della civiltà egizia, portando non poco clamore negli ambienti accademici.
Inoltre si scoprì che nella parte anteriore della Sfinge vi erano i segni di agenti atmosferici fino ad una profondità di due metri e mezzo, mentre nella parte posteriore tali segni arrivavano al metro e mezzo: questo significa che la parte anteriore della Sfinge è assai più antica di quella posteriore, probabilmente risalente al 10500 a. C. , la cosiddetta era del Leone.

Osservando la testa, inoltre, risulta che essa sia in condizioni qualitative migliori rispetto al resto del corpo, indizio forse che porterebbe a pensare che il viso, che oggi noi tutti osserviamo, non sia quello originario. Inoltre la Sfinge non si trova sulla stessa linea delle piramidi, aspetto assai strano, in quanto gli architetti egizi non tralasciavano mai questi particolari.

Quale sarà la verità?
Da Fabio Calì, per ora, è tutto.

domenica 15 marzo 2009

Genesi di un'ordine: i Cavalieri Templari



"...Nello stesso anno (1118), alcuni nobili cavalieri, pieni di devozione per Dio, religiosi e timorati di Dio, rimettendosi nelle mani del signore patriarca per servire Cristo, professarono di voler vivere perpetuamente secondo le consuetudini delle regole dei canonici, osservando la castità e l'obbedienza e rifiutando ogni proprietà..." Ecco cosa scriveva Guglielmo di Tiro a proposito dei Templari, nati come ordine monastico-militare di ispirazione cistercense che traeva sostegno dall'autorevole figura di Bernardo di Chiaravalle, predicatore, teologo e poi santo. L'origine dell'ordine dei Poveri Compagni d'armi di Cristo (Pauperes commilitones Christi templique Salomonis), una delle prime e più note congregazioni religiose cavalleresche cristiane, sembra risalire intorno agli anni successivi alla prima Crociata (1118-1120) quando quasi tutti i cavalieri avevano fatto ritorno in Europa e le ultime milizie erano ormai rimaste arroccate negli esigui centri abitati; in ogni caso l'ordine assunse importanza solo a partire dal 1126 quando, con l'ingresso del conte Ugo di Champagne, cominciarono e pervenire lasciti e donazioni. Il nucleo originario fu fondato da Ugo di Payns e Goffredo di Saint-Omer, compagni d'armi, ed altri cavalieri che decisero di tutelare e difendere i numerosi pellegrini europei in visita a Gerusalemme dai temibili predoni che infestavano le strade della Terra Santa. L'ordine verrà ufficializzato dalla bolla papale di Innocenzo II (Omne Datum Optimum) per dissolversi irrimediabilmente tra il 1312 ed il 1314 in seguito ad un drammatico e disastroso processo. Sono molte le informazioni che possediamo, ma sono altresì numerosi i misteri che ruotano intorno a quest'ordine carismatico e storicamente rilevante. A parte i classici simboli per cui li ricordiamo (la croce rossa su campo bianco ed il cosiddetto beauceant, vessillo -bandiera o scudo- diviso in due parti simmetriche il cui bicromatismo -bianco e nero-, molto diffuso tar le matrici sigillari e criptiche di origine medievale, pare rappresentasse per alcuni il dualismo tra il Bene e il Male, per altri il riferimento ad aspetti esoterici e al contrasto tra forze cosmiche opposte e complementari), sappiamo con certezza che al momento dell'investitura, i membri di questa gerarchia assai rigida facevano voto di castità, obbedienza e povertà esattamente come in qualsiasi altro ordine monastico, lasciando ogni loro proprietà ed eredità all'intera congregazione. Da non dimenticare nemmeno che vi erano ben quattro divisioni di confratelli (i cavalieri, equipaggiati come cavalleria pesante, i sergenti, come cavalleria leggera e provenienti da classi sociali più umili, i fattori, amministratori delle proprietà dell'Ordine, ed infine i cappellani, ordinati sacerdoti che si prendevano cura delle esigenze spirituali della congregazione) e che sebbene la maggior parte dei templari si dedicasse alle manovre militari, alcuni si occupavano persino di attività bancarie poichè frequentemente l'Ordine trattava le merci preziose dei crociati. Le ricchezze accumulate venivano impiegate per edificare numerose fortificazioni in Terra Santa, probabilmente le unità di combattimento più disciplinate e meglio addestrate del loro tempo. C'è chi li considera ladroni, chi dei precursori dei moderni corpi speciali, certo è che dei Templari non si finirebbe mai parlare. Tanto ci sarebbe ancora da dire, troppo da scoprire. Questo è solo l'inizio.



Ecco perché Calì vi dà l'appuntamento alla prossima puntata.

sabato 14 marzo 2009

A Lucca non perdetevi la Pietra del Diavolo



Oggi siamo a Lucca, immersi fino alle orecchie in uno dei misteri più singolari d'Italia, e più precisamente a Palazzo Bernardini, un edificio costruito tra il 1517 ed il 1523. A differenziarlo da qualsiasi altra struttura simile o nelle vicinanze non è la data di edificazione, ma uno stranissimo dettaglio che tuttora conserva. Guardando all'altezza della prima finestra destra dell'enorme portone principale, infatti, non potrete che imbattervi nella famigerata ed ormai celebre Pietra del Diavolo, uno degli stipiti, ma incurvato innaturalmente. Se vi mettete ad osservarla da lontano, la curvatura vi sembrerà così accentuata da farla apparire quasi irreale, fatata, incantata, come di legno o di qualsiasi altro materiale più malleabile; se poi vi avvicinate nuovamente a toccarla, non avrete alcun dubbio sul suo materiale: la pietra anomala è davvero di pietra. Durissima. Quando l'uomo si trova di fronte ad un'incongruenza di cui non riesce a comprendere la ragione, ci scrive su un racconto. Tutt'al più una leggenda. Anche in questo caso la Pietra del Diavolo deriverebbe da un particolare evento, episodio in cui il diavolo avrebbe convinto i signori Bernardini a costruire un palazzo imperiale nel luogo esatto in cui avrebbe trovato un'icona miracolosa della Madonna, tanto venerata in città. L'immagine verrà distrutta per lasciare il posto proprio all'edificio e nel punto in cui si trovava, la pietra s'incurvò irrimediabilmente. Tanti sono stati fino ad oggi i tentativi tesi a raddrizzarla, persino utilizzando la resistenza di una struttura in ferro, ma ogni sforzo si rivelò vano. Perfettamente inutile. Ad oggi la pietra è sempre lì, visibile a tutti e minacciosa più che mai, testimone di un passato inverosimile e di presagi lontani.



Da Calì è tutto, al prossimo mistero.