Di ritorno dal Tibet, durante le mie ultime vacanze estive, ho avuto modo di visitare numerosi luoghi della memoria buddhista, dai più piccoli villaggi sperduti in queste lande silenziose, desolate, dove le preghiere, scritte su pezzi di stoffa e attaccate a paletti, soffiano col vento, sprigionando un'aura di misticismo misto a carne essiccata, dove fisco e metafisico si scontrano e cozzano con estrema nonchalance.
Fra le vie di Lhasa si incontra un'umanità varia e ormai anche qui, anche se con fatica, affiorano i primi sentori di un mondo tristemente globalizzato, dove le tradizioni stentano a sopravvivere e una corruzione sempre più aggravata si fa strada.
A Gyantse, cittadina a quasi quattromila metri di altitudine, troviamo l'antichissimo monastero di Pelkor Chode, risalente al 1440, con uno stupa di 108 cappelle su quattro piani, innumerevoli statue, un'atmosfera ieratica di cui difficilmente sono riuscito a liberarmi, e penso sia meglio così.
Mi ritornano in mente le spedizioni naziste del 1938 sponsorizzate direttamente dall'SS Reichsfürher Heinrich Himmler sulla catena montuosa dell'Himalaya, quando ancora ci si chiedeva quale fosse l'origine della stirpe ariana. O Tempora, o Mores!
Da Fabio Calì per ora è tutto.
martedì 28 ottobre 2008
7 settimane in Tibet
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