mercoledì 11 febbraio 2009

Tritemio e le parole dell'oscurità


Scritta dall'abate Tritemio intorno al 1500, pare che la versione della Steganographia messa al rogo dalla Chiesa contenesse oltre ai codici cifrati tuttora consultabili ma difficili da comprendere, il segreto e le modalità per comunicare a distanza senza minimamente far uso dei metodi allora tradizionali e comuni, come le lettere, i messaggeri e magari anche qualche piccione viaggiatore. Pubblicato per la prima volta nel 1606 a Francoforte, fino a quel giorno il testo veniva tramandato solo attraverso copie scritte manualmente. Prendendo in considerazione le probabili cattive trascrizioni, letture errate e le versioni corrotte rispetto all'originale, non possiamo che tenere presente che il testo giunto fino ai giorni nostri non è, non può essere e non sarà mai un testo attinente a quello del 1500. La supposizione, in questo caso, viene da sé. Dell'autore, a differenza di molti altri manoscritti segreti che restano immersi nel mistero più totale, sappiamo che fosse a conoscenza del latino, del greco, dell'ebraico e che fosse un profondo studioso interessato a diverse discipline, dalla mente aperta e piuttosto ricettiva. L'incontro che gli cambiò per sempre la vita avvenne nel 1479 quando, come riportano le attendibili testimonianze di eminenti storici, conobbe un Maestro dei Rosa+Croce. Divenne abate entrando in un monastero benedettino a soli vent'anni e sebbene alcuni iniziarono a considerarlo un santo, molti altri cominciarono a giudicarlo un mago: persino illustri personaggi come Cornelio Agrippa e Paracelso si recavano da lui per scambi di opinioni o semplici consulti. In seguito gli altri monaci, probabilmente esasperati dalla fama del loro abate così attivo e di cui molte voci non esitavano a collegare a manie di evocazione di morti illustri, lo deposero dalla sua carica e Tritemio, volontariamente, si ritirò in solitudine scrivendo numerosi manoscritti e meditando fino all'anno della sua morte, esattamente il 1516. Grande studioso ma altresì notevole comunicatore, pare che Tritemio avesse intenzione di lasciare tutto il suo sapere ai posteri, a chi, dopo di lui, fosse stato interessato ad approfondire gli strumenti comunicativi allora poco o affatto conosciuti. Al tempo stesso però non voleva che tutto il suo bagaglio di conoscenze ed importanti informazioni cadesse in mani sbagliate o che, peggio ancora, cadessero vittime dalla mannaia della censura ecclesiastica. Pertanto decise di nascondere ciascuna delle misteriose nozioni fra le pagine di manoscritti apparentemente insignificanti, giudicati comunque troppo espliciti e che la Chiesa mutilò ugualmente. La sua opera più grande, Steganographia, frammentata in tre volumi distinti, raccoglie le conoscenze ultraterrene dell'autore, dall'invocazione degli spiriti nelle varie e propizie ore del giorno, alle tabelle numeriche, passando per i calcoli astronomici. Da sottolineare che ogni invocazione che Tritemio ha fissato nero su bianco, inizia col nome dello spirito da invocare e prosegue con le parole, apparentemente astratte e senza alcun senso logico, che in realtà nascondono un messaggio teso alla realizzazione e allo sviluppo dell'invocazione stessa: i profani non l'avrebbero in alcun modo compreso e che gli iniziati, invece, avrebbero appreso alla perfezione.

Da Calì per ora è tutto.

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