venerdì 31 ottobre 2008

FABIO CALI' CERCATORE DI RICERCHE: 3 - El Chupacabra


Il Chupacabra (succhiatore di capre) è una misteriosa creatura che abita le Americhe: sua salutare abitudine, da cui prende anche il nome, è nutrirsi del sangue di capre ed altri animali addomesticati, per poi mutilarli e divorare le loro carni.
Numerosi gli avvistamenti, partiti da Porto Rico e diffusisi in Cile, Messico, Maine, Ecuador, Brasile e Florida, che descrivono una bestia bipede dotata di denti aguzzi e di una cresta di aculei che parte dal capo e attraversa la schiena fino alla coda.

Recentemente tale mito è stato messo in connessione con il ritrovamento di cadaveri che apparterrebbero ad un canide sconosciuto, della famiglia dei coyote, diffuso su un'area ampia, ma povero nella quantità numerica.
La teoria secondo la quale il Chupacabra sia appartenente ad una specie simile al coyote venne alla luce quando fu ritrovato, in un ranch a Cuero in Texas, un cadavere simile alla suddetta specie. La carcassa presentava una pelle glabra, la mancanza di incisivi ed un foro nelle gengive dell'animale. Una studiosa ha avanzato la teoria che si trattasse di un canide specializzato nel suggere sangue.

Lo zoologo Mike Forstner, che ha condotto le analisi del DNA, ha scoperto che il codice genetico del cosiddetto chupacabra è quasi identico a quello di un coyote. Le caratteristiche differenti (dentatura e pelle glabra) hanno fatto pensare ad un qualche tipo di patologia, anche se alcuni media, ricamandoci sopra, hanno asserito che Forstner abbia scoperto una nuova specie.

El Chupacabra è stato inserito nella lista delle dieci creature più famose della cultura popolare.


Da Calì anche per oggi è tutto.

Leonardo da Vinci, profilo di un Genio


Uomo di spirito, genio straordinario e maestro indiscusso, Leonardo da Vinci continua a far parlare di sé per i segreti che ha accuratamente seminato nella propria sterminata collezione di capolavori e per tutto ciò che, tramite indagini approfondite, ha saputo dire e predire. Ma se provassimo a guardare tutto da una prospettiva alternativa e ci chiedessimo da dove provenga la vera luce, quale sarebbe la risposta?

In altre parole, il mistero riguarda il codice che l'artista ha conosciuto e poi accuratamente occultato, o si chiama proprio Leonardo da Vinci? Personalmente credo che il profilo umano nella maggior parte dei casi parli da sé e che non possa esistere uomo senza mistero (e viceversa).
Anche per il grande Leonardo vale questa regola poiché ci troviamo di fronte ad un umanissimo re degli opposti, dell'occulto, dell'oscurità bilanciata dall'armonia di forme e dimensioni. Per comprendere a fondo la sua grandiosa capacità intellettiva non basterebbe una vita, ma per avvicinarsi all'uomo Leonardo dobbiamo prendere in considerazione l'arsenale d'opere lasciate incomplete e manchevoli piuttosto che quelle conosciute ai più, caratterizzato da tele straordinariamente conosciute e nominate in ogni angolo del globo e da prodigi scultorei di cui realmente restiamo sbalorditi.

Più che la materia plasmata, sono le idee a fare il genio, il mago dell'arte e della vera conoscenza. Perfezionista maniacale, probabilmente questo suo aspetto era l'unico che lo accomunava a Michelangelo, così diverso e ostile nei suoi confronti, pervenne presto alla concetto di perfezione del non finito, pertanto dell'infinito. La sua fu un'esistenza piuttosto serena e agiata, vissuta in un'elegante residenza bordata di ulivi e vigne sulle colline che già parlavano di armonie formali ed opposizioni compositive.
Affidato in età molto giovane ai nonni, entrò subito in simbiosi con la natura circostante e con gli animali che popolavano il suo mondo. Il Vasari lo definisce come l'uomo che liberava gli uccelli dalle gabbie per renderli felici e padroni del loro destino e che accudiva i cavalli esattamente come si alleva un figlio. Nonostante questo rapporto quasi simbiotico con gli altri viventi, non esitò per amor di scienza e conoscenza a sezionare cadaveri animali ed umani per sondare i misteri più intimi della vita come la malattia, la morte, il bìos e la struttura fisica che accoglie ogni spirito. C'è chi sottolinea aspetti psicoanalitici riguardanti la mutilazione del suo rapporto con la madre, figura misteriosa che torna in molti tratti dell'artista. Ad ogni modo, sebbene la morte del padre fosse passata quasi in sordina, quella della madre venne acolta da funerali particolarmente fastosi di cui egli stesso si occupò personalmente. Nel proprio bagaglio pare che conservasse sempre le due camicie e le tre paia di calze in tela ruvida cucitegli dalla povera madre, ma che lui non riuscì mai ad indossare, abituato ala raffinatezza delle corti. Nonostante i tanti sogni realizzati ed un'esistenza vissuta al massimo, un cruccio gli rimase.

Uno dei suoi più grandi desideri era quello di riuscire a costruire la più grande statua equestre del mondo, ma impossibile da realizzare per i limiti della strumentazione dell'epoca e delle tecniche utilizzate allora. Ne poté predisporre solo un gigantesco modello in creta che purtroppo i francesi distrussero, eletto bersaglio prediletto per le loro balestre. Anche in questo caso appare evidente l'inadeguatezza degli uomini e degli strumenti messi a disposizione della sua epoca, riflessione che torna in molti altri tratti della sua vita.
Pensiamo, per esempio, all'anonima denuncia per abuso sessuale su un suo allievo giovanetto: la presunta omosessualità del Da Vinci è tuttora avvolta da fitte nebbie che confondono idee e partoriscono maliziose supposizioni, ma nonostante molti abbiano cercato di scalfire l'immagine virtuosa del maestro, Leonardo è sopravvissuto alle intemperie del suo tempo e si presenta a noi, suoi eredi, come il più moderno fra i moderni. Un uomo ambizioso che, come ebbe a dire Merezhkovskij, "si destò troppo presto, quando era ancora buio e intorno tutti dormivano".

A presto dal vostro Calì.

mercoledì 29 ottobre 2008

La morte di Antinoo


I
n questa sede parleremo di un personaggio molto caro all'imperatore Adriano, Antinoo, suo compagno e amante, nativo della Bitinia, morto prematuramente affogando nel Nilo, o almeno questa è la versione ufficiale.
Le fonti narrano che l'imperatore Adriano, passando per la Bitinia nel 124 d. C. , notò il giovane innamorandosene e facendo di lui il suo amante, portandolo con sè ovunque andasse; un'altra versione invece racconta che l'imperatore fece cercare per tutto l'Impero il giovane più bello che ci fosse, e la scelta ricadde su Antinoo, instaurando un rapporto secondo il modello classico della pederastia greca. Ad ogni modo è incerto quale fosse il tipo di legame fra i due.
Come ho anticipato, nel 130, mentre l'imperatore ed il giovane si trovavano in Egitto, Antinoo affogò misteriosamente fra le acque del Nilo, ma ci sono altre versioni della vicenda.

Elio Sparziano, che scrisse la Vita Hadriani (cap. V), racconta la vicenda ufficiale, ovvero il lutto dell'imperatore e la deificazione del giovane, fatto del tutto eccezionale (solo gli imperatori e la famiglia imperiale potevano seguire questo destino, tuttavia secondo la religione greco-egizia la morte per annegamento comportava la deificazione, ed infatti nelle raffigurazioni e nelle iscrizioni dell'obelisco del Pincio Antinoo viene collegato alle divinità egizie), mentre Cassio Dione racconta qualcosa di più sconcertante: egli sostenne che si fosse sacrificato spontaneamente affogandosi nel fiume. Probabilmente questo atto era legato ad una qualche pratica magica non meglio identificata (l'imperatore Adriano era piuttosto interessato alle pratiche occulte) e Aurelio Vittore sostiene che questo sacrificio avrebbe in qualche modo allungato la vita all'imperatore.

Ma tornando a discorsi più concreti, molto probabilmente il bellissimo giovane fu vittima di una congiura di palazzo: molti giovani gravitavano intorno alla figura dell'imperatore, giovani gelosi ed ambiziosi che volentieri avrebbero preso il posto di Antinoo. Una trama, un inganno, una truffa, una scalata al successo. Ma prima di tutto un omicidio passionale, dunque.
Ma le nebbie della storia sono troppo fitte per avere delle certezze, ma è anche questo il bello del passato.

Per oggi è tutto da Calì.

Il mausoleo dei Giulii di Glanum

Sempre perché Calì un'indagine deve guidarla, e però sempre nella speranza che i lettori prendano le parole di Calì per quello che sono, delle dichiarazioni di difesa nei confronti di un'accusa d'ignoranza, o peggio, di disinteresse.

I
l Mausoleo dei Giulii a Glanum (odierna St. Remy in Francia), a lungo ritenuto il cenotafio di Gaio e Lucio Cesari, mentre si tratta in realtà di un monumento funerario privato, è dedicato a due membri di una famiglia che aveva ricevuto la cittadinanza romana da Cesare o da Augusto, come attesta appunto il gentilizio Giulii.

L'iscrizione, incisa a grandi lettere a circa metà dell'edificio recita: Sextius, Lucius, Marcus Iuliei, Gaii filii parentibus suis. Non è certo che le spoglie o le ceneri dei parentibus fossero conservate all'interno del monumento (non se ne è trovata traccia); si tratta infatti di un cenotafio in onore e per celebrare la gloria della famiglia degli Iulii.

I rilievi che decorano i quattro pannelli dello zoccolo propongono motivi tradizionali, soggetti convenienti all'ideale di nobiltà dei defunti onorati, scene mitologiche e di battaglia nella stessa tradizione iconografica e stilistica dell'arco di Orange. È possibile che le battaglie evochino le guerre galliche di Cesare, alle quali la famiglia poteva aver partecipato, ma restano indeterminate; sono attualizzate solo da qualche dettaglio di costume desunto dall'armamento romano; ma come per l'arco di Orange non si può parlare di una rappresentazione documentaria nel senso romano.

A sud vi è una scena di caccia al cinghiale molto movimentata, un rilievo probabilmente ispirato ai modelli della pittura antica. A ovest è una battaglia di fanteria: soldati a piedi, con corazza, combattono con scudo e lancia attorno ad un guerriero morto, già spogliato delle sue armi. Il primo piano è occupato dalle figure degli sconfitti. A nord è rappresentato un violento combattimento di cavalleria mentre a est la scena, più complessa, è in realtà doppia: in primo piano al centro sono raffigurati combattenti che sembrano rifarsi, come iconografia, alle Amazzonomachie di greca memoria. Presso l'angolo sinistro invece una personificazione alata, di piccole proporzioni, apre un volumen per leggere l'elogio del soldato il cui valore è illustrato dalla vicina scena di combattimento. Dietro la figura vi sono tre ascoltatori attenti, una donna e due uomini, quello centrale in toga.

È il momento in cui la famiglia degl Iulii riceve il diritto di cittadinanza, la cosiddetta civitas romana.
Questo monumento rappresenta una delle prime testimonianze dell'arte provinciale romana, in un paese da poco conquistato come la Gallia.

E' tutto da Calì!

martedì 28 ottobre 2008

FABIO CALI' CERCATORE DI RICERCHE: 2 - Mistero a Sarajevo


Chissà che le favole non possano avverarsi davvero. Se lo saranno probabilmente chiesti di recente gli abitanti di Visoko, a 30 km da Sarajevo, all'arrivo dell'archeologo americano-bosniaco Semir Osmanagic, convinto di aver individuato sotto a delle curiose colline triangolari, la piramide del Sole, della Luna e del Drago.

Gli scavi, avviati due anni fa nella valle, hanno riportato alla luce cunicoli comunicanti, tunnel sotterranei e addirittura strade lastricate. I più scettici credono saldamente nell'abbaglio, ma chiunque, prima di trascinare qualcuno o qualcosa in giudizio ed emettere la propria sentenza, dovrebbe informarsi ulteriormente.

Valutare tutte le ipotesi è il primo passo per raggiungere un obiettivo e anche in questo caso si dovrebbe giudicare a partire dai dati (certi) raccolti: sappiamo, ad esempio, che il risultato dell'esame effettuato con il carbonio 14 ha stabilito che i primi lavori in pietra risalirebbero ad addirittura 12000 anni fa e che nelle vicinanze, altre colline sospette prometterebbero ulteriori piramidi. Insomma, una vera e propria civiltà preistorica si starebbe riaffacciando al mondo e la straordinaria scoperta potrebbe rivoluzionare la storia europea.

Persino la comunità scientifica ha inizialmente storto il naso davanti alla probabile ennesima stranezza balcanica, ma ha dovuto ricredersi in fretta di fronte ai dati empirici che i vari rilevamenti hanno portato alla luce. A quella che potrebbe rivelarsi come una delle più grandi conquiste dell'archeologia, stanno lavorando un copioso gruppo di geologi dell'università di Tuzla, specialisti in sedimentologia, mineralogia e petrografia, coadiuvati da un altrettanto folto numero di volontari desiderosi di comparire tra i protagonisti di questo straordinario rinvenimento.

E se al sacro si accompagna sempre il profano, basterà aggiungere che a Visoko si sono già moltiplicati i menù a tema nei ristoranti e le varie pizzerie "della piramide". A questo punto verrebbe quasi da chiedersi: Semir Osmanagic è l'uomo che ha svelato un mistero o che ha compiuto un miracolo?

Un saluto ai più curiosi da Calì.

7 settimane in Tibet

Di ritorno dal Tibet, durante le mie ultime vacanze estive, ho avuto modo di visitare numerosi luoghi della memoria buddhista, dai più piccoli villaggi sperduti in queste lande silenziose, desolate, dove le preghiere, scritte su pezzi di stoffa e attaccate a paletti, soffiano col vento, sprigionando un'aura di misticismo misto a carne essiccata, dove fisco e metafisico si scontrano e cozzano con estrema nonchalance.

Fra le vie di Lhasa si incontra un'umanità varia e ormai anche qui, anche se con fatica, affiorano i primi sentori di un mondo tristemente globalizzato, dove le tradizioni stentano a sopravvivere e una corruzione sempre più aggravata si fa strada.
A Gyantse, cittadina a quasi quattromila metri di altitudine, troviamo l'antichissimo monastero di Pelkor Chode, risalente al 1440, con uno stupa di 108 cappelle su quattro piani, innumerevoli statue, un'atmosfera ieratica di cui difficilmente sono riuscito a liberarmi, e penso sia meglio così.
Mi ritornano in mente le spedizioni naziste del 1938 sponsorizzate direttamente dall'SS Reichsfürher Heinrich Himmler sulla catena montuosa dell'Himalaya, quando ancora ci si chiedeva quale fosse l'origine della stirpe ariana. O Tempora, o Mores!

Da Fabio Calì per ora è tutto.