sabato 21 febbraio 2009

Andare oltre l'oltretomba


Per tutti gli appassionati di culto funerario e di civiltà antiche, sarà un piacere scoprire che i tre teschi trovati dagli archeologi nel sud della Galilea, in Israele (esattamente a Yiftah'el), hanno almeno 9000 anni. Una scoperta davvero straordinaria perchè i tre reperti sono in grado di dimostrare ed autenticare la venerazione che nel 7000 a.C. gli uomini avevano per i loro avi ed antenati. Che il culto dei morti fosse un'innegabile pratica consumata nell'antichità è fuori d'ogni dubbio, ma trovarsi di fronte alla prova di una liturgia tanto antica e sentita è davvero emozionante. Con la scoperta in questione sono emersi dettagli importanti e si è potuto stabilire che i popoli dell'età della Pietra erano soliti ricoprire le ossa del cranio con una sorta di intonaco e modellarle scolpendo i lineamenti del defunto. Il direttore del sito archeologico, Hamoudi Khalaily, afferma che il rito prevedeva la sepoltura del cadavere, seguita dalla riesumazione della sola testa per poter poi ricreare il volto al morto. Senza contare che i teschi venivano conservati in un angolo ben preciso della casa, come esempio e monito per le nuove generazioni. Alla luce di questa grandiosa scoperta e di alcune recenti indagini (seguite da convegni e dibattiti) sulla decostruzione del cordoglio e della memoria dei defunti operata dal clima culturale post-moderno, ci chiediamo se davvero l'uomo abbia modificato il proprio atteggiamento, la propria predisposizione e tutti i suoi personalissimi riti di fronte al più grande mistero dell'umanità, la morte. Sono stati osservati parenti e amici sulle tombe dei loro cari, analizzando ogni movimento e sguardo, e sono stati presi in considerazione anche parroci e fiorai. Se è vero che dal 2001 si spende meno dal fiorista e che il crisantemo è in disuso, l'autopsia della pietà ci sembra davvero troppo. Il gesto di ripulire il sepolcro non è sintomo di una minor compassione, ma semplicemente della grande cura nutrita nei confronti di chi non c'è più da parte di chi c'è ancora. E seppure il modo di vivere il culto dei morti e di elaborare il lutto si fosse modificato col tempo, è davvero giusto pronosticare amare sentenze solo in base ad esternazioni più o meno spontanee? La partecipazione non è sempre sinonimo di lacrime e segni della croce. E nonostante i tempi siano cambiati e le civiltà si siano trasformate e, consentitemelo, evolute, alcuni sentimenti restano gli stessi. Non per forza bisogna esporre in salotto il teschio della povera e cara vecchia prozia defunta per conservare il suo ricordo con affetto e tenerezza.

Da Calì per ora è tutto.

venerdì 20 febbraio 2009

I Neotemplari, cavalieri scissi


Ormai parlare di loro è come prendere in causa vecchi amici e parenti lontani. Ma quanto ne sappiamo in realtà sulle vicende e sul mistero dei Cavalieri del Tempio? In realtà poco, molto poco, sopratutto se consideriamo che il proliferare di organizzazioni formatesi per recuperare lo spirito dell'antica regola e tradizione cavalleresca, non ha fatto altro che confondere ulteriormente le idee a chi conosce a malapena l'argomento. Si parla dunque di Neotemplarismo come un fenomeno di grande attualità che lievita di giorno in giorno: pensate che solo nel nostro paese è possibile contare più di dieci ordini diversi d'ispirazione templare, ovviamente ognuno con le proprie irremovibili rivendicazioni di continuità ed eredità. Parlando di successione però, va precisato un dato: nonostante alcuni gruppi possiedano documenti e atti che attestano e dimostrano una stretta parentela almeno dal lontano 1700, nessuno di questi ordini può e deve essere fatto risalire direttamente alla cosiddetta "Militia Christi" del XII secolo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale e ad alcune azioni che tuttora provocano accese contestazioni, il Neotemplarismo si è scisso in due grandi correnti principali denominate O.S.M.T.H. e O.S.M.T.J. A distinguerli non è solo la lettera finale del nome che li definisce, ma la differente interpretazione e rappresentazione del Templarismo ufficiale. Il primo gruppo ha scelto praticamente fin da subito una linea più secolare, cercando di ottenere riconoscimenti dalla politica internazionale con il risultato di un'ampia diffusione in numerosi Paesi e addirittura l'ottenimento di un seggio ONU come organo non governativo. La seconda corrente, al contrario, ha subito stabilito di voler seguire un cammino più mistico e spirituale, ma i suoi continui tentativi di riabilitare la Chiesa ne ha maggiormente limitato lo sviluppo e l'espansione. Pensando al numero di aderenti e alla tipologia di attività svolte, è da tenere in considerazione che la principale derivazione dell'O.S.M.T.J. attualmente esistente è quella Svizzero-Italiana di "obbedienza Pasleau", un'organizzazione strettamente gerarchizzata al cui vertice troneggia un Reggente che, saggiamente, ha evitato l'autoproclamazione a Gran Maestro, di fatto preservando la Luogotenenenza. Questo è certamente un dato a suo favore poiché al contrario, in altri gruppi, il Reggente è diventato Gran Maestro, piombando così irreparabilmente nel baratro della sedicenza. Senza permetterci di dubitare della buona fede dei gruppi presi in esame, tra l'altro operanti nella più totale legalità e dedite non solo ad apprezzabili opere di carità e beneficenza, ma anche a rilevanti occasioni d'incontro per gli appassionati della materia, c'è però da sottolineare l'evidente ostilità tra le svariate derivazioni. Pochi hanno realmente compreso che una maggiore credibilità da parte di istituzioni religiose e politiche potrà essere ottenuta soltanto attraverso la riunificazione in un'unica, solida e stabile realtà templare. L'impresa impossibile nasce, in realtà, dalla concreta difficoltà nel far scendere dal piedistallo le decine di capi-gruppo che si sono autoproclamati Maestri e Priori: come potrebbero pubblicamente mostrare e mettere in discussione il proprio reale ed umanissimo grado? Come spiegare agli altri componenti della fronda che quella presieduta è l'ennesima nuova religione, secondo la precisa ed attenta collocazione da parte del Cesnur, e che l'unico legame effettivo di discendenza con i Templari è la determinazione e la fermezza con cui portano avanti i loro intenti? Dan Brown e massoni a parte, la questione è davvero più complessa di quanto sembri e la verità, come a solito, sta nel mezzo.

A presto dal vostro Calì.

giovedì 19 febbraio 2009

Il Magick di Crowley


Era il 12 ottobre del 1875 e in Inghilterra nasceva Edward Alexander Crowley. Per molti il nome non avrà alcun significato preciso, ad altri suggerirà notizie lontane e difficili da recuperare mentalmente, ma a quei pochi che lo conoscono col nome con cui diventò presto famoso, Aleister Crowley, farà tornare alla mente la Bestia (lo stesso appellativo con cui si autoproclamò), specialista in occultismo e autore di numerose pubblicazioni sull'argomento. Basti pensare, per individuarne il profilo, che negli anni '20 l'Inghilterra intera ebbe a definirlo "l'uomo più malvagio del mondo". Poeta e pittore bisessuale, nonché grande sperimentatore di droghe e profondo conoscitore delle più antiche dottrine iniziatiche dei Rosa+Croce, della magia egizia e di quella rossa, Crowley fu uno dei più rilevanti esponenti di tutti i movimenti magico-occulti che si avvicendarono dal XVIII secolo in poi. Visse un'esistenza da maledetto, nomade e tormentato. Potrebbe essere il perfetto protagonista dell'ennesimo film oscuro da godersi in prima fila, se non fosse che le ombre della sua produzione siano talmente nere e misteriose da ricadere sulla sua stessa ambigua personalità. Il fiore all'occhiello della sua intera produzione sembra a tutti gli effetti essere il cosiddetto Magick, l'opera massima in cui riversò tutte le sue conoscenze e ogni suo approfondimento sullo yoga, sull'alchimia, sulla magia sexualis e sui culti misterici orientali. Da non sottovalutare il sottotitolo del testo, "in theory and practice" in cui viene chiaramente indicato l'intento dell'opera, non solo teorico ma anche e soprattutto attivo. E' questo un testo che, adorato dai satanisti, ancora oggi fa discutere enormemente ed incuriosisce non tanto per le informazioni contenute, quanto per le suggestioni evocate e per i suoi tratti a tinte fosche, forti. Il testo base per chi intende procedere sulla strada della cosiddetta ars goetia, pratica magica che riguarda l'invocazione ed il risveglio dei demoni, e soprattutto per quanti decidano di approfondire i temi più oscuri, talvolta pericolosi, legati ad un tempo che non ci appartiene ma che rivive proprio grazie a queste, e a moltissime altre, pagine oscure.

Per ora da Calì è tutto.

mercoledì 18 febbraio 2009

FABIO CALI' CERCATORE DI RICERCHE 9: Tutankhamon fa ancora discutere


E' recente la supposizione avanzata da alcuni ricercatori dell'università di Liverpool, tra cui il professor Robert Connoly, secondo la quale il celebre e tanto discusso faraone Tutankhamon sarebbe stato seppellito non da solo, ma in compagnia di due figlie gemelle. Quella degli antropologi non è una semplice ipotesi, ma il frutto di numerosi studi sul campo: da tempo, infatti, collaborano con le autorità egiziane per analizzare con cura ed attenzione la tomba del faraone. I primi risultati confermerebbero che i due feti, rispettivamente di cinque e di otto mesi, rinvenuti nel 1922 dall'archeologo Howard Carter, oltre ad essere dei gemelli, possiedono gruppi sanguigni perfettamente compatibili con quelli del giovane figlio di Ra. Salito al trono all'età di soli nove anni, diverse e numerose sono le teorie proposte sulla discendenza del dodicesimo sovrano della diciottesima dinastia egizia. Proclamato giovane del Nuovo regno, morì altrettanto presto, a soli diciannove anni: una fatalità talmente tragica da far pensare ad assassinii politici e complotti da parte dei suoi vari oppositori. Carter fu proprio colui che ne scoprì il corpo, purtroppo analizzato con metodi davvero poco ortodossi: sappiamo che per estrarre il faraone dal sarcofago utilizzò addirittura martello e scalpello rompendogli le ossa, e che per sciogliere lo spesso strato di catrame che circondava parte del corpo e che riempiva il sepolcro, l'avrebbe esposto a delle lampade che superavano i 650°C, scalcinando l'intera struttura ossea. Dal giorno della prima autopsia presso l'università del Cairo, era l'11 novembre 1923, tanti sono stati gli studi dedicati al grande sovrano d'Egitto sulla sua morte, dai raggi X alle tomografie assiali computerizzate, probabilmente causata da una banale infezione tetanica. Quello che avvolge la tomba KV, codifica della camera funeraria di Tutankhamon presso la Valle dei Re, è davvero stupefacente e vale la pena ricordare che i reperti provenienti dal sarcofago sono tuttora conservati al Museo Egizio del Cairo, dove occupano un'intera ed interessantissima ala. Certamente il Museo val bene una visita (io direi anche due, tre o quattro), ma l'occasione di trovarsi di fronte a colui di cui l'unica cosa certa fu quella che morì (come ebbe a dire lo stesso Carter), non ha davvero prezzo.

Per tutto il resto c'è il vostro Calì che vi dà appuntamento al prossimo mistero.

martedì 17 febbraio 2009

Il meccanismo di Antikitera


S
alve a tutti dal vostro Calì, miei carissimi internauti affamati di archeologia e misteri.
In questo intervento tratteremo del meccanismo di Antikitera, un congegno meccanico assai avanzato trovato nelle profondità del mare, nei pressi dell'isoletta di Antikitera, poco lontana da Creta. Nel 1900 dei pescatori di spugne persero la rotta a causa di una tempesta, trovando riparo nei pressi della suddetta piccola isola e scoprendo per caso il relitto di una nave dell'epoca tardo-ellenistica (I secolo a. C.) che trasportava statue di bronzo e di marmo. Dopo aver segnalato la scoperta, e dopo un anno di operazioni, gli archeologi trovarono numerose ruote dentate, di piccole e grandi dimensioni, alcune delle quali presentavano delle iscrizioni incise sopra. Si arrivò alla conclusione, da parte di alcuni, che si trattasse di un astrolabio, da parte di altri di un planetario. Nel 1951 il professor Price si occupò dell'esame e dello studio del meccanismo, osservando attentamente gli ingranaggi arrivando finalmente, dopo ben venti anni di duro lavoro, a riassemblare le parti. Si trattava di un congegno in grado di calcolare il calendario solare e quello lunare: le varie ruote riproducevano un rapporto di 254:19, in modo da ricostruire il moto della Luna riferito al Sole, tenendo ben presente che la Luna compie 254 rivoluzioni siderali ogni 19 anni solari.

Tutto questo ci da la conferma di esperimenti fatti durante questo periodo storico, menzionati per esempio da Cicerone, il quale scrisse che il filosofo Posidonio realizzò un globo che mostrava i moti del Sole, delle stelle e dei pianeti come appaiono in cielo. Annotò inoltre Archimede aveva concepito un modello che imitava i movimenti dei corpi celesti.

Uno studio recente, svolto dal professor Wright ai raggi x, ha permesso di rimettere al suo posto e con precisione ogni singolo ingranaggio, arrivando alla conclusione che si trattava, come teorizzò Price, di un calendario solare e lunare, basato su un modello epiciclico elaborato da Ipparco, ma anche dei pianeti Mercurio e Venere, stavolta utilizzando un modello teorizzato da Apollonio di Perga.

Quello che più sconvolge, oltre al fatto che non si era a conoscenza, prima di questa scoperta, di meccanismi così antichi (avremo congegni simili solo intorno all'anno 1000), è la precisione con la quale tali ingranaggi sono stati lavorati, con una strumentazione assai meno precisa di quella attuale.

Questo getta nuova luce sulla tecnologia greca.
Alla prossima!

lunedì 16 febbraio 2009

L'elogio della lentezza


Negli anni a cavallo tra il 1400 e il 1500 si viveva diversamente. Che fosse meglio allora non possiamo stabilirlo, ma l'unica certezza è che gli uomini di una volta non si trovavano alle prese con lo stress congenito, la fretta perpetua e le esagerate convulsioni moderne e moderniste di cui oggi chiunque è preda e vittima sacrificale. Ovviamente la durata della vita era minore rispetto a quella odierna, ma chi può sentenziare senza alcun dubbio che quella manciata di anni in meno non risultasse problematica per uomini che vivevano la vita senza l'ansia di dover fare, produrre e realizzare subito e a tutti i costi? E se l'armonia non si trovasse nella quantità, ma nella qualità del tempo ottimizzato e davvero vissuto? Chi ha detto che l'esistenza umana deve manifestarsi in grandi opere, atti grandiosi e momenti a malapena assaporati? Siamo sicuri che ciò che ci apprestiamo a fare ora non sia rimandabile a domani o, meglio ancora, a data da destinarsi? Lo sapeva bene quel geniaccio del Da Vinci che, sebbene perennemente alle prese con committenti infuriati ed un'intero arsenale di opere lasciate incompiute, se la prendeva con grande calma. O forse no. Forse già allora aveva compreso il vero senso della perfezione, dell'equilibrio che non per forza soggiace nel compiuto, ma talvolta nell'incompleto. Nell'imperfetto. D'altronde ad un'opera finita troveremmo sempre dei difetti, delle mancanze. Come si fa, invece, a restare insoddisfatti di fronte a qualcosa che non parla di esiti o risultati finali? Lo scontro della cultura tradizionale, quella che sapeva prendersi i suoi tempi e che viveva la propria esistenza senza troppe scadenze ed agitazioni, va così a cozzare irrimediabilmente con la nostra epoca, che tiene in pugno il tempo credendo di esserne il padrone e che desidera vivere sette vite in una. Come i gatti. Ma erano davvero lenti questi uomini del Rinascimento o i lenti siamo noi che ancora non abbiamo capito il vero senso della vita? Il gusto della creazione di un'opera a cui non necessariamente deve seguirne subito un'altra e che magari può restare un unicum, incompleto ed interminabile? Spesso il miglior risultato lo abbiamo già ottenuto e non abbiamo neanche il tempo di accorgercene. E' lì, sotto i nostri occhi, e non lo vediamo perché già presi da altro, dall'ultima idea, moda o rivoluzione da mettere in atto. L'eterno duello tra la prudenza e l'impeto, tra l'attesa e l'azione si rinnova ad ogni istante, ad ogni secolo, in ogni uomo. E, tornando a Leonardo, ci viene da sorridere se pensiamo che in tutta la lentezza descritta, ha scritto oltre 13000 pagine di studi, disegni, appunti, oltre alle varie opere pittoriche, scultoree e quant'altro. Noi comunissimi mortali non sappiamo arrivare a tanto e finché non c'inimicheremo il tempo e tutto ciò che esso regola, non evolveremo mai. Anzi. Schiavi del consumismo e di bisogni artificiali indotti, figli di una produzione fine a se stessa e di modelli consumati ed ormai svuotati da ogni logica, non abbiamo altro scopo nella vita che sopravvivere a noi stessi e al tempo che inesorabilmente ci passa sotto il naso. Che Leonardo fosse un genio era inutile ripeterlo, ma che ci avesse mostrato oltre a tutta la sua Arte rivestita da regole nascoste e segreti misteriosi anche il segreto dell'immortalità, è da ribadire. L'uomo diventa immortale non quando s'avvicina al divino, ma quando si scopre umano, dotato di enorme sensibilità creativa di un'ampio potenziale da sviluppare e quando riesce a far luce sui propri talenti nascosti, come il dono di conoscere i propri limiti e d'imparare ad amministrare il tempo che passa, piegandolo alle proprie volontà. Una scoperta, questa, che gli cambierebbe la storia, non solo la vita.

"Affrettatevi piano", diceva Svetonio. Nel frattempo Calì vi saluta.