sabato 14 marzo 2009

A Lucca non perdetevi la Pietra del Diavolo



Oggi siamo a Lucca, immersi fino alle orecchie in uno dei misteri più singolari d'Italia, e più precisamente a Palazzo Bernardini, un edificio costruito tra il 1517 ed il 1523. A differenziarlo da qualsiasi altra struttura simile o nelle vicinanze non è la data di edificazione, ma uno stranissimo dettaglio che tuttora conserva. Guardando all'altezza della prima finestra destra dell'enorme portone principale, infatti, non potrete che imbattervi nella famigerata ed ormai celebre Pietra del Diavolo, uno degli stipiti, ma incurvato innaturalmente. Se vi mettete ad osservarla da lontano, la curvatura vi sembrerà così accentuata da farla apparire quasi irreale, fatata, incantata, come di legno o di qualsiasi altro materiale più malleabile; se poi vi avvicinate nuovamente a toccarla, non avrete alcun dubbio sul suo materiale: la pietra anomala è davvero di pietra. Durissima. Quando l'uomo si trova di fronte ad un'incongruenza di cui non riesce a comprendere la ragione, ci scrive su un racconto. Tutt'al più una leggenda. Anche in questo caso la Pietra del Diavolo deriverebbe da un particolare evento, episodio in cui il diavolo avrebbe convinto i signori Bernardini a costruire un palazzo imperiale nel luogo esatto in cui avrebbe trovato un'icona miracolosa della Madonna, tanto venerata in città. L'immagine verrà distrutta per lasciare il posto proprio all'edificio e nel punto in cui si trovava, la pietra s'incurvò irrimediabilmente. Tanti sono stati fino ad oggi i tentativi tesi a raddrizzarla, persino utilizzando la resistenza di una struttura in ferro, ma ogni sforzo si rivelò vano. Perfettamente inutile. Ad oggi la pietra è sempre lì, visibile a tutti e minacciosa più che mai, testimone di un passato inverosimile e di presagi lontani.



Da Calì è tutto, al prossimo mistero.

giovedì 12 marzo 2009

Sirene e dugonghi, ecco cosa c'è di vero



Sirena: figura antropomorfa metà pesce e metà donna protagonista di miti, leggende, libri, pellicole e cartoni animati. Questa è la definizione tradizionale del termine, quella che chiunque può tovare su testi, enciclopedie e dizionari. Sull'esistenza di meravigliose principesse marine tra le pagine dei libri nessuno può nutrire alcun dubbio: le sirene hanno da sempre abitato la tradizione popolare ed i racconti tramandati di padre in figlio tanto che chiunque di noi dovrebbe averne l'immagine ben chiara nella mente. Se secondo la tradizione orientale la sirena si presenta come una creatura a metà strada tra la donna ed un uccello, pertanto più comunemente associata all'arpia che con il suo canto attirava i marinai e li faceva naufragare sulle loro isole per divorarli, secondo alcuni miti greci, invece, vennero generate da tre gocce di sangue perse da Acheloo durante un combattimento, lo stesso guerriero che altri racconti riconducono al loro progentiore, unitosi con Mnemosine, Calliope o Tersicore. Per altre narrazioni ancora furono trasformate da Demetra per andare a cercare Persefone che Plutone aveva rapito o tramutate dalle Muse, invidiose del loro meraviglioso e suadente canto angelico. Infine siamo a conoscenza di alcuni miti che ricollegano la loro trasformazione ad un atto compiuto da Afrodite che decise di punirle per la loro continua fuga dai piaceri carnali. A prescindere dalla loro origine (ricordiamo che il primo a menzionarle fu Omero) e dalle più o meno fantasiose descrizioni che delineavano una creatura il cui canto infondeva nei marinai che l'ascoltavano saggezza ed onniscenza e che poteva addirittura frenare la forza dei venti, è stato scientificamente ipotizzato che questa mitologica figura potesse essere assimilabile al cosiddetto dugongo, mammifero marino diffuso nell'antichità anche nel Mar Mediterraneo con cui avrebbe in comune diversi elementi fisici (le ghiandole mammarie toraciche e la consuetudine di allattare i cuccioli sostenendoli con le pinne anteriori). L'unico aspetto che regge ben poco nella teoria che assimilerebbe le due creature riguarda la bellezza e la voce melodiosa che solitamente vengono attribuite alle sirene, immagine che va a cozzare nettamente con quella dei dugonghi, tutt'altro che avvenenti. Parola di Cristoforo Colombo. E se pensiamo che persino recentemente (luglio 2005) un video amatoriale inchioderebbe l'immagine di una creatura perfettamente identica a quella della sirena perfetta, c'è da dire che gli avvistamenti sono davvero numerosi, dall'antichità fino, appunto, ad oggi e in ogni parte del mondo. Il Dugongo, al contrario, non era onnipresente. Viene dunque da chiedersi chi fosse quella figura sottomarina immortalata dall'occhio della videocamera del subacqueo e che ricorda in tutto e per tutto la silhoette della sirena: esistono davvero queste dee del mare? Bella domanda, lo so. Bella quanto qualsiasi meravigliosa sirenetta.



Da Calì per ora è tutto.

mercoledì 11 marzo 2009

Il quadrato di Sator: gioco o mistero?



Per i veri appassionati di misteri aritmetici e di curiosità enigmistiche, il quadrato di Sator rappresenta l'apoteosi del gusto. Un struttura a forma di quadrato magico composta da cinque parole latine (Sator, Arepo, Tenet, Opera, Rotas) che se prese in considerazione di seguito, dall'alto in basso o da sinistra verso destra, originano una frase che rimane identica a se stessa, qualsiasi sia il verso di lettura. Dicesi palindromo, ma dicesi, soprattutto, mistero. Già perché quello di Sator non è un semplice quadrato magico che tanto assomiglia a quelli numerici, ma è altresì una traccia visibile su un sorprendentemente vasto numero di reperti archeologici sparsi in Europa. Santiago de Compostela, il Duomo di Siena, l'abbazia di Sermoneta, il castello di Rochemaure, senza contare i rinvenimenti in Inghilterra ed Ungheria, sono soltanto alcuni esempi dei luoghi in cui il famigerato quadrato misterioso ha fatto la sua comparsa. Il caso più esemplare, però, resta tuttora quello di Pompei quando durante gli scavi del 1925 ne venne ritrovata l'incisione sulle scanalature di una colonna della celebre Grande Palestra: è proprio a partire da questa scoperta e dagli studi sul risultato della sua frase palindroma che il quadrato di Sator viene detto anche "latercolo pompeiano". C'è persino chi lo trova tra le mura domestiche, come un gruppo di ragazzi siciliani che nel luglio del 2007 ne hanno trovato uno in provincia di Catania, sulle travi dismesse di un vecchio scheletro d'abitazione, accompagnato da un geroglifico, da un'epigrafe latina e dai disegni di un oplita greco (il soldato della fanteria pesante dell'antica Grecia). Il perché di tanta diffusione è presto detto: a partire dall'indecifrabile significato espressamente letterale della frase (il termine Arepo non è strettamente latino), le congetture si sono moltiplicate fino ad arrivare all'immagine di un seminatore che tiene con cura le ruote del suo carro. A parte le prosaiche allusioni alle più consuete pratiche agricole, non manca un evidente collegamento al testo evangelico che lo stigmatizzerebbero come un autentico simbolo cristiano. La prima ipotesi a riguardo fu del celebre studioso Grosser che analizzando con notevole spirito enigmistico l'insieme delle lettere che componevano il quadrato, ottenne un ipotetica soluzione al dilemma: una croce nella quale la parola Paternoster si incrocia esattamente sulla lettera N, lasciando fuori due lettere da porre ai margini come inizio e fine di tutto. Un'interpretazione apocalittica, dunque, rafforzata da numerose altre analisi e smentita, invece, da chi rifiuta categoricamente l'origine cristiana del palindromo. Gli anagrammi possibili avanzati sono davvero molti, altrettanti gli studi affettuati (c'è non solo la tesi di un possibile collegamento ai Cavalieri Templari, ma persino quella secondo la quale il quadrato di Sator sarebbe la mappa universale per la distribuzione postale nei primi secoli dell'impero romano): ci si chiede pertanto se esista davvero una risposta unica ed univoca a questo curioso mistero che oggi suscita infinite congetture ermetiche, cabalistiche e negromantiche in chi non si accontenta delle classiche parole crociate a schema libero o del sudoku.




Dal vostro Calì per ora è tutto.