sabato 28 febbraio 2009

Necropoli e tesori a Salonicco


Durante i lavori preparatori alla costruzione e allo sviluppo della rete della metropolitana a Salonicco, è stato rinvenuto un vero e proprio tesoro ricco di monete di bronzo, gioielli, corone d'oro e vasi in diversi materiali, forme e dimensioni. La ricchezza più grande però non consiste soltanto nei beni preziosi ritrovati, ma in una vera e propria necropoli macedone. Il Ministero della Cultura ha infatti annunciato la scoperta di ben 1414 tombe risalenti ad un'epoca compresa tra il terzo secolo a.C. ed il quarto d.C., dichiarazione seguita dalla confessione di un'altro rinvenimento, quello di 43 tombe a Pella, risalenti anch'esse tra il quinto al terzo secolo a.C. Pella, tra l'altro, non fu solo una delle antiche capitali della Macedonia, ma il luogo esatto in cui nacque il grande e leggendario Alessandro Magno. Anche questa necropoli pare contenga gioelli ed altri preziosi oltre a ben conservate armi di ferro ed armature di bronzo collocate nelle tombe di 20 guerrieri. Tornando a Salonicco dobbiamo, per dovere di cronaca, specificare che i lavori per la costruzione dei 12 km di rete metropolitana inizieranno a breve e si concluderanno prevedibilmente entro il 2012. Questa non è che l'ennesima conferma di quanto il moderno possa continuare ad incidere sul passato e del legame tra i ritrovamenti e la civiltà macedone. Le corone d'oro rinvenute a Salonicco, infatti, sono piuttosto simili a quelle ritrovate nella celebre necropoli reale di Vergina, prima capitale del regno di Alessandro Magno a 20 km. dall'altra città nominata. Chi tra gli appassionati di scoperte e misteri archeologici può ancora lamentarsi della metropolitana? Finalmente oltre a farci risparmiare tempo per raggiungere due luoghi distanti, ci dà una mano anche a far luce su dilemmi arcani. Un punto in più per l'uomo moderno. E per il grande tesoro macedone.

Da Calì per ora è tutto.

venerdì 27 febbraio 2009

La Signora della Maschera nasconde un segreto?


Durante gli scavi nel centro della capitale peruviana, esattamente nell'area di Huaca Pucllana, un gruppo di esperti archeologi sono stati i sensazionali protagonisti di una scoperta davvero storicamente rilevante: accanto ad una tomba praticamente intatta appartenente alla cultura preispanica Wari, che si esapnse nella zona appena citata tra l'anno 550 e l'800 d.C. pertanto antecedente all'avvento degli Incas, sarebbero stati recuperati anche tre involucri (i cosiddetti fardos) che contenevano corpi di esseri umani, due donne ed un bambino. Per quanto riguarda quest'ultimo, alla luce dei rituali della cultura Wari, sarebbe stato sacrificato per accompagnare nell'aldilà la donna sepolta. Gli archeologi, trovandosi di fronte ad una tomba multipla, hanno potuto concretizzare l'ipotesi di poter finalmente far luce sui rituali e sulle pratiche dei Wari in quella zona particolare. E' stato anche notato che una delle due donne, sicuramente di rango sociale elevato poiché solo alle nobili era riservata questa usanza, indossa una maschera sul volto. La conferma che la "Signora della Maschera" sia indiscutibilmente una donna è confermato dal ritrovamento del corredo funerario composto da un telaio e da alcuni strumenti tessili. Questa affscinante scoperta nel cuore del Perù getta certamente nuova luce sulla storia e sulle pratiche Wari, sebbene oltre a nuove certezze, siano emerse contemporaneamente nuove perplessità. Pare infatti che l'iconografia della maschera ritrovata ricordi in modo davvero straordinario le raffigurazioni mesopotamiche che tutti conosciamo, sumeriche in particolare, vicine per quanto riguarda il taglio ed il colore degli occhi e i tratti di naso e bocca. Pura coincidenza o ennesimo mistero?

La risposta a voi, miei cari lettori. Per Calì è venuto il momento di congedarsi.

giovedì 26 febbraio 2009

Tra il bene e il male, meglio la vita



Nella vita ciascuno di noi ha bisogno di intraprendere cammini e di avviarsi per sentieri che portano a mete più o meno lontane. Il fascino spesso riguarda le dinamiche del viaggio piuttosto che lo scopo prefissato, il modo e lo spirito con cui si arriva al termine, non tanto la fine stessa. Ma se c'è un viaggio di cui nessuno può parlare, ma di cui molti propongono ipotesi, suggestioni e congetture varie è quello più spaventoso e temuto di tutti, quello più inflazionato da sogni e racconti, quello più immaginato e al tempo stesso rinnegato. La morte. Quella del viaggio ultimo è da sempre la prima paura che invade il cuore degli esseri umani, a partire dall'ottenimento di una coscienza e di una consapevolezza responsabile fino agli ultimi giorni di vita, ai pensieri e ai timori terminali. In realtà quello della grande livellatrice è il pensiero più spaventoso da sempre, fin dalle origini stesse dell'umanità, della sua storia e della sua evoluzione. Ciascuna civiltà in cui ci siamo imbattuti finora e ciascuna di quelle che affronteremo in futuro, si è più preoccupata degli aspetti ultraterreni ed extraumani piuttosto che di quelli strettamente legati alla vita di ogni giorno. Nessuno, a parte gli irriducibili superuomini che hanno dominato ogni epoca, crede di poter davvero essere immortale, o almeno non in questa forma, ed essendo la vita un lungo viaggio di cui l'inizio è stabilito ma l'ora della fine è ancora tutta da giocare, la morte diventa non solo il più grande mistero da scoprire, ma anche e soprattutto l'unica straordinaria certezza che l'umanità abbia mai posseduto. In realtà tutto ciò che sappiamo di noi stessi è che prima o poi di noi non resterà che il dolce (si spera) ricordo. Lo sapevano gli Incas, i Maya, ma anche gli antichi romani e i greci più illustri. I fenici, gli egizi, gli arabi e gli abitanti della mezzaluna fertile. Persino le popolazioni barbariche sapevano perfettamente che la loro forza non sarebbe durata per sempre. Alcuni si sono arresi alla natura, altri hanno deciso di procurarsi la forza per varcare il limite e vedere cosa succede. Pensiamo a tutti coloro che si sono addentrati in pratiche magiche e di evocazione demoniaca seguendo testi più o meno accettabili (il Levegeton, chiamato anche Piccola Chiave e attribuito dai più a Salomone, ne è un esempio lampante poiché conteneva informazioni su ben 72 Spiriti Demoniaci -nomi, gradi, aspetto manifesto e sigilli- e fu largamente utilizzato dai più grandi occultisti di ogni tempo), chi ha praticato sacrifici e torture e chi si è convinto che la vera soluzione a tutto fosse il male. Ogni uomo ha bisogno delle sue piccole grandi chiavi per accedere ai misteri più secreti ed occulti dell'universo, ma cedere all'oscurità non aiuta certo ad aprire gli occhi e ad illuminare tutto ciò che c'è di buono in questo mondo. Prima di abbandonarsi al male, meglio imparare a conoscere il bene, a guardare quanta vita c'è ancora da scoprire. Perchè è vero che l'uomo è per sua definizione finito, perennemente immaturo ed imperfettissimo, ma può diventare più grande dei giganti adoperando quello che la natura gli ha sempre messo a disposizione: intelletto, cuore e ingegno.

Calì vi saluta, per oggi si conclude qui il nostro piacevole incontro in rete.

mercoledì 25 febbraio 2009

La preziosa eredità dell'Abate Julio


Abate Julio, chi era costui? Un uomo vissuto più di un secolo fa le cui scritture sopravvivono tuttora, sebbene siano passati molti anni dalla sua morte, e per il valore che racchiudono sono tra le più note agli ambienti esoterici. Il suo straordinario lascito comprende preghiere, formule cabalistiche, esorcismi e l'attestazione di valore e potenza dei Salmi. Lo scopo della sua eredità lasciata ai posteri consiste nello sfruttare queste risorse in qualsiasi occasione e momento della vita poiché produrrebbero benessere psicofisico, dissiperebbero problemi, preoccupazioni ed ostacoli, allontanerebbero le influenze più diaboliche e guarirebbero da ogni male, senza dimenticare la protezione assicurata contro malignità, nemici e calamità naturali. Non solo parole, però, poiché l'abate Julio ha provveduto a farci pervenire anche una considerevole raccolta di talismani tracciati per mezzo di un alfabeto segreto, di cui fa menzione in altre sue opere e che, dopo averli disegnati su pergamene apposite, rivelerebbero brani e formule tratti persino dal Libro dei Salmi. Uomo pio e carismatico, a lui si rimettevano tutti coloro che avevano bisogno di conforto, consigli e buone parole, senza contare tutti coloro che si recavano presso di lui per ottenere aiuti materiali, non solo spirituali. Certamente un punto di riferimento per molti che vissero i suoi anni, tanto amato dal popolo quanto osteggiato e mal visto dal vaticano che, tra l'altro, in seguito alle sue pratiche magico-cristiane segnate da una profonda devozione agli oggetti sacri come accadeva nelle campagne europee dell'età medioevale, lo scomunicò senza pensarci due volte. Certo è che a prescindere dagli ostacoli incontrati lungo il cammino e dalle pietre calunniose scagliate non solo contro le sue pratiche, ma contro la sua stessa persona, la memoria che gli derivò dalle sue miracolose formule e dai suoi straordinari segreti vive ancora oggi, non solo tra i praticanti, ma tra tutti coloro che seguendo le indicazioni dettagliatamente descritte ed accuratamente spiegate, trovano giovamento ed ottengono risultati a dir poco sbalorditivi e miracolosi. Ora come allora.

Per ora Calì vi saluta.

martedì 24 febbraio 2009

Chi erano i Benandanti?


Il male, esattamente come il bene, attrae e respinge. Questo potere ambivalente ha condotto numerose schiere di uomini a diventare fedeli adepti del Maligno che in diverse epoche ha manifestato la propria essenza diabolica seguendo le indicazioni presenti in curiose credenze di ascndenza medioevale. Una di queste dichiarava che gli adoratori del male, in contatto col maligno e figli indiscussi dei suoi poteri e malefici, ottenevano ogni dono malevolo per creare tempeste e mutare le condizioni dei fenomeni atmosferici più catastrofici a loro indiscutibile piacimento. Ovviamente però non tutti gli aficionados delle arti magiche erano in grado di rientrare in questa categoria poiché vi era una nutrito gruppo di maghi, conosciuti con il nome di Benandanti, che combatteva i praticanti maligni. Questi maghi benefici, diffusi soprattutto nella regione friulana, hanno da sempre suscitato enorme interesse e fascino poiché rappresentavano la punta di diamante di un fenomeno inspiegabile e incomprensibile per la Chiesa. Sicuramente i Benandanti non si opponevano all'istituzione ecclesiastica, anzi, fornivano il loro personalissimo contributo per salvare le anime perse nel senso più cristiano del termine. Per conseguire il loro intento, partecipavano ai raduni delle streghe e con esse combattevano utilizzando il potere dei semi di finocchio che minimizzava la malefica forza delle canne di sorgo degli avversari. Benandanti si nasceva, ed il marchio in grado di contraddistinguere questi maghi benighi dagli altri neonati era la cosiddetta camicia. Tra l'altro quella del feto o della placenta era conosciuta sia in occidente che in oriente per le sue straordinarie potenzialità magiche. Si dice che in determinate notti, l'anima del benendante uscisse dal corpo che la ospitava per presenziare ad incontri con altri maghi e per rimediare e trovare una valida ed immediata soluzione ai guai creati dai malefici di streghe e stregoni malvagi. Nel caso specifico, l'anima per far ritorno al suo luogo originario, doveva ritrovare il corpo nell'identica condizione, posizione e situazione in cui era stato lasciato. Se ciò non avveniva o l'anima trovava il corpo fuori posto, non avrebbe mai più potuto far ritorno e rientrar in esso. Sebbene, come si è già detto, quella dei benendanti fosse un'arte rivolta al bene, alla salvezza e alla purificazione delle anime corrotte e delle pecore smarrite, la Chiesa perseguitò ugualmente questi combattenti del bene, estorcendo loro confessioni mendaci su presunti raduni con il diavolo accompagnati da terribili cerimoniali malefici. Non dimentichiamoci un'altra caratteristica degna di nota che vale la pena ricordare: se nel resto dell'Europa le streghe perseguitate erano nella quasi assoluta totalità dei casi delle donne, i benendanti erano insolitamente quasi tutti uomini. Viene da chiedersi se davvero occorresse difendersi da questi stregoni buoni o se rappresentassero l'ennesimo di fronte al quale il marcio degli uomini ed il male che in essi risiede non fa davvero differenze.

Anche per oggi, Calì vi saluta.

lunedì 23 febbraio 2009

Picatrix e l'unione dei regni


La magia, si sa, spesso non ha limiti e va ad incrociare regni diversi. Il trattato arabo scritto in Egitto tra il 1047 e il 1051 ed attribuito a Maslama al-Magriti, incentra la propria straordinaria materia proprio sulle cosiddette simpatie che intercorrono tra i pianeti, gli animali, le pietre, le piante e tutto il resto, senza dimenticare le modalità con cui utilizzare per scopi magici quest'insieme di elementi speciali. Picatrix, questo sembra il nome del testo, annuncia anche la potenza dei sigilli e delle immagini attribuiti al celebre Ermete Trismegisto ed approfondisce ulteriori aspetti misteriosi. Questo fondamentale trattato di origine medioevale, viene chiaramente considerato un testo di magia talismanica ed evocatoria che ai tempi in cui venne composto e tradotto in latino (così da assumere il nome con cui noi oggi lo conosciamo), ebbe uno straordinario successo in ogni ambiente esoterico, particolarmente quando i massimi esponenti dell'Arte di quell'epoca specifica (Cornelio Agrippa, Marsilio Ficino e Pico della Mirandola) iniziarono a studiarlo ed approfondirlo in ogni sua parte, traendone materialmente numerosi benefici. Sostanzialmente l'opera in questione insegnerebbe il modo attraverso cui sia possibile vaticinare sugli eventi futuri, illustrando anche i momenti migliori in cui avvicinarsi al testo stesso, in armonia con le posizioni planetarie e con l'intero cosmo. Le sue parole ne influenzarono molte altre, soprattutto quello pronunciate dai più grandi esoterici del passato. Attualmente alcune sezioni dell'opera sono conservate presso la Biblioteca dell'Arsenale di Parigi, ma chiunque può trovare il Picatrix in quasi tutte le librerie europee, sebbene valga la pena precisare che come qualsiasi altro manoscritto antico possa aver subito corruzioni e rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Come accade per tutti i segreti da occultare, anche il Picatrix non sfugge alla logica del mistero: agli occhi dei profani e per evitare i temibili tribunali inquisitori, il testo doveva risultare puerile, risibile e completamente privo di senso e significato logico, nonostante ogni suo frammento nascondesse sempre la sua propria verità assoluta, chiara e finalmente comprensibile agli iniziati. Alla luce di quanto appena affermato, non ci è dato conoscere cosa davvero intendesse dire l'autore con le sue formule, ma ci basti sapere, dopo aver accuratamente evitato di giocare con un testo che, come molti altri, è stato da sempre ritenuto oscuro e di magia perlopiù nera, che se altri maghi ed alchimisti non solo ne hanno preso in prestito i concetti, ma ne hanno riutilizzato gli incantesimi, certamente è un trattato da non sottovalutare e di cui parlare con molta cautela.

Anche per oggi, dal vostro calì è tutto.

domenica 22 febbraio 2009

Giù le mani dal tesoro della regina



Se ogni castello è severo custode di antichi segreti ed ancestrali leggende, quello della Regina, in Lombardia, non è certamente da meno. Anzi. Sul lato ovest della Val Brembilla, sorge la vetta del celebre Castello della regina che chiunque può raggiungere passando da Catremerio e da Zogno e che è avvolto da uno dei misteri più curiosi dell'intera regione. La leggenda narra infatti che fu il rifugio di una regina pagana saracena in fuga da incalliti cristiani assetati di sangue e desiderosi della sua morte. La regnante era scortata ed accompagnata da un piccolo gruppo di fedeli che si prestavano a difenderla e a tutelare la sua incolumità, ma che non riuscirono a salvarla perché, in disastrosa minoranza, dovettere soccombere in un terribile agguato. La regina, disperta e rimasta completamente sola, si gettò nel dirupo per non abbassarsi ad alcun compromesso e soprattutto per non cedere alla religione cristiana, restando fino alla morte più che fedele al suo credo. Il tesoro del suo piccolo regno, probabilmente mai stato trafugato, pare che l'abbia seguita nel baratro e molti da allora furono gli abitanti del luogo a dichiarare di aver avvistato il suo spirito ancora in compagnia del suo amato e fedelissimo esercito. Secondo alcune ricerche, il tesoro, invece, avrebbe subito tentativi di trafugazione da parte di uno sventurato contadino che si gettò nel vuoto nella folle impresa. Ahilui, senza successo. In seguito avrebbe incontrato un vecchio saggio che gli avrebbe narrato del celebre tesoro e che gli avrebbe indicato il modo per trovarlo: presentandosi nei pressi del dirupo il dodicesimo giorno del primo mese dell'anno con un gatto ed un bimbo in fasce in braccio, se avesse cercato sotto ad un cespuglio di viburno, avrebbe trovato una scala che lo avrebbe condotto direttamente alla stanza delle ricchezze. Il contadino attese quel giorno con impazienza, ma convinto che avrebbe dovuto sacrificare sia il bimbo che il gatto, non se la sentì di compiere un gesto tanto orribile, così si presentò senza i due requisiti richiesti. Buono d'animo e generoso, si convinse che avrebbe ugualmente trovato il tesoro, magari accordandosi e cercando di raggiungere un compromesso. La scala, così come gli era stato comunicato dal vecchio saggio, era esattamente sotto al cespuglio di viburno, ma appena iniziò a scendere nel dirupo avvertì alle sue spalle una forza sconosciuta e terrificante che tentava di afferrarlo violentemente. Dopo essersi liberato non senza difficoltà, fuggì via terrorizzato e, purtroppo colpito da una forte febbre, da lì a breve morì. Da quel giorno e da quell'episodio nessuno ha più tentato di avventurarsi giù per il dirupo e di trovare quel tesoro, ormai, è il caso di dirlo, maledetto e dannato dalla stessa Regina.

Da Calì per ora è tutto, alla prossima suggestione.