giovedì 26 febbraio 2009

Tra il bene e il male, meglio la vita



Nella vita ciascuno di noi ha bisogno di intraprendere cammini e di avviarsi per sentieri che portano a mete più o meno lontane. Il fascino spesso riguarda le dinamiche del viaggio piuttosto che lo scopo prefissato, il modo e lo spirito con cui si arriva al termine, non tanto la fine stessa. Ma se c'è un viaggio di cui nessuno può parlare, ma di cui molti propongono ipotesi, suggestioni e congetture varie è quello più spaventoso e temuto di tutti, quello più inflazionato da sogni e racconti, quello più immaginato e al tempo stesso rinnegato. La morte. Quella del viaggio ultimo è da sempre la prima paura che invade il cuore degli esseri umani, a partire dall'ottenimento di una coscienza e di una consapevolezza responsabile fino agli ultimi giorni di vita, ai pensieri e ai timori terminali. In realtà quello della grande livellatrice è il pensiero più spaventoso da sempre, fin dalle origini stesse dell'umanità, della sua storia e della sua evoluzione. Ciascuna civiltà in cui ci siamo imbattuti finora e ciascuna di quelle che affronteremo in futuro, si è più preoccupata degli aspetti ultraterreni ed extraumani piuttosto che di quelli strettamente legati alla vita di ogni giorno. Nessuno, a parte gli irriducibili superuomini che hanno dominato ogni epoca, crede di poter davvero essere immortale, o almeno non in questa forma, ed essendo la vita un lungo viaggio di cui l'inizio è stabilito ma l'ora della fine è ancora tutta da giocare, la morte diventa non solo il più grande mistero da scoprire, ma anche e soprattutto l'unica straordinaria certezza che l'umanità abbia mai posseduto. In realtà tutto ciò che sappiamo di noi stessi è che prima o poi di noi non resterà che il dolce (si spera) ricordo. Lo sapevano gli Incas, i Maya, ma anche gli antichi romani e i greci più illustri. I fenici, gli egizi, gli arabi e gli abitanti della mezzaluna fertile. Persino le popolazioni barbariche sapevano perfettamente che la loro forza non sarebbe durata per sempre. Alcuni si sono arresi alla natura, altri hanno deciso di procurarsi la forza per varcare il limite e vedere cosa succede. Pensiamo a tutti coloro che si sono addentrati in pratiche magiche e di evocazione demoniaca seguendo testi più o meno accettabili (il Levegeton, chiamato anche Piccola Chiave e attribuito dai più a Salomone, ne è un esempio lampante poiché conteneva informazioni su ben 72 Spiriti Demoniaci -nomi, gradi, aspetto manifesto e sigilli- e fu largamente utilizzato dai più grandi occultisti di ogni tempo), chi ha praticato sacrifici e torture e chi si è convinto che la vera soluzione a tutto fosse il male. Ogni uomo ha bisogno delle sue piccole grandi chiavi per accedere ai misteri più secreti ed occulti dell'universo, ma cedere all'oscurità non aiuta certo ad aprire gli occhi e ad illuminare tutto ciò che c'è di buono in questo mondo. Prima di abbandonarsi al male, meglio imparare a conoscere il bene, a guardare quanta vita c'è ancora da scoprire. Perchè è vero che l'uomo è per sua definizione finito, perennemente immaturo ed imperfettissimo, ma può diventare più grande dei giganti adoperando quello che la natura gli ha sempre messo a disposizione: intelletto, cuore e ingegno.

Calì vi saluta, per oggi si conclude qui il nostro piacevole incontro in rete.

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