sabato 14 febbraio 2009

Fabio Calì cercatore di ricerche 8: Atlantide tra mito, leggenda e storia


"L'uomo che l'ha sognata, l'ha fatta anche scomparire" (Aristotele)

Così il filosofo e scienziato greco liquidava la descrizione di Atlantide fatta dal suo maestro Platone in un'opera celeberrima, il Timeo, una breve descrizione che ha dato luogo ad infinite congetture e disquisizioni su un argomento tutt'ora a metà fra realtà e leggenda. Ma diamo la parola a Platone stesso in questo breve estratto:
« Innanzi a quella foce stretta che si chiama Colonne d'Ercole, c'era un'isola. E quest'isola era più grande della Libia e dell'Asia insieme, e da essa si poteva passare ad altre isole e da queste alla terraferma di fronte. (...) In tempi posteriori (...), essendo succeduti terremoti e cataclismi straordinari, nel volgere di un giorno e di una brutta notte (...) tutto in massa si sprofondò sotto terra, e l'isola Atlantide similmente ingoiata dal mare scomparve. »
Atlantide prende il nome da Atlante, figlio di Poseidone e Clito, primo re di questa civiltà e signore dell'Oceano Atlantico: si trattava di una monarchia illuminata, ricca e potente, che divise l'isola-continente in 10 zone, ognuna governata da un figlio di Poseidone e dai relativi discendenti. Inizialmente si trattò di un governo saggio e lungimirante, ma la presenza dei mortali corruppe questo clima idilliaco a tal modo che Zeus si trovò costretto a sprofondare l'isola.

Il mito di Atlantide non compare quasi mai nei testi greci, e se viene trattato, questo viene fatto da autori posteriori a Platone che quindi hanno avuto modo di leggere la sua opera; anche gli Aztechi trattano di una leggenda simile, per la precisione essi raccontano di Aztlàn, una specie di Eden in cui questi vivevano, ma che poi dovettero abbandonare via mare per via dell'ira del dio Tezcatlipoca che la fece sprofondare.

Le ipotesi sull'ubicazione di questo luogo sono svariate: la prima, la più tradizionale, vede Atlantide collocata nell'oceano Atlantico, poco dopo le Colonne d'Ercole; un'altra teoria vede Atlantide come l'America stessa, ipotesi alquanto improbabile, dal momento che non era possibile (forse) che si conoscesse tale continente, ma soprattutto perchè l'America non ha conosciuto cataclismi recenti o comunque risalenti a 9000 anni prima che Platone scrisse il Timeo. Un ulteriore teoria invece colloca questo luogo fantastico nel deserto del Sahara, terra un tempo fertile e rigogliosa, ma questo andrebbe a cozzare con il resoconto platoniano; altri ritengono che si tratti della civiltà sarda, quella nuragica, ed effettivamente la Sardegna è un'isola dalle dimensioni piuttosto ragguardevoli, ma in questo modo dovremmo spostare le Colonne d'Ercole fra Sicilia ed Africa, un tempo assai più vicine che adesso. Alcuni addirittura la collocano in Antartide, luogo che si è dimostrato essere già 50000 anni fa privo di ghiacci, in base a vari studi al carbonio C14. Le teorie sono innumerevoli e questo è solo un assaggio.

Da Calì è tutto.

giovedì 12 febbraio 2009

Manoscritto di Voynich: truffa o messaggio?


Uno dei libri più misteriosi ed affascinanti del mondo non presenta alcun titolo, non si possiede alcun dato circa l'autore ed è scritto in una lingua sconosciuta o in un codice che mai nessuno è riuscito finora a decifrare. Noto oggi come Manoscritto di Voynich dal nome dell'antiquario russo che lo riportò alla luce frugando nel 1912 nella biblioteca gesuita di Villa Mondragone di Frascati, quando ormai chiunque lo dava per scomparso da più di trecento anni ed ormai irrimediabilmente perduto per sempre, il testo abbonda di illustrazioni che ritraggono sfere celesti ed animali, piante fantastiche e curiosi simboli magici. Persino donne nude. Oggi il manoscritto è conservato presso la biblioteca dell'università americana di Yale, ma i misteri che vi ruotano intorno sono davvero tanti. Soprattutto sulla sua origine e sul suo significato, due aspetti intorno ai quali si sono susseguite le ipotesi più fantasiose e suggestive. Pare che molti, in passato, erano convinti che il libro fosse stato compilato da Bacone poiché un tempo era celebre proprio come il prodotto frutto dell'ingegno del doctor mirabilis del XIII secolo. Fra i primi a supportare questa tesi, uno dei primi studiosi che ebbero la fortuna di esaminare il testo per primi, William Newbold, docente di filosofia presso l'università della Pennsylvania. Fu proprio lo stesso Newbold a dichiarare che ogni carattere del codice avrebbe contenuto tratti minimi corrispondenti ad un'antica pratica stenografica che celerebbero la descrizione esatta del microscopio e di altre straordinarie invenzioni di cui proprio Bacone era il padre. In realtà ricerche più approfondite hanno smentito categoricamente tale ipotesi poiché pare che i trattini di penna non fossero altro che banali macchioline d'inchiostro. Gli studi si moltiplicarono dopo la fine del secondo conflitto mondiale quando molti dei crittografi che avevano decifrato il codice Enigma e quello della Flotta Imperiale giapponese, iniziarono a dedicarsi a far luce su più antichi e misteriosi documenti cifrati, riuscendo a risolvere tutti i dilemmi tranne uno: proprio quello alla base del Voynich. C'è stato chi ha supposto un testo scritto in ucraino ma completamente privo di vocali, chi un'opera religiosa collegata ai Catari e scritto in una sorta di gramelot, una misto di termini appartenenti a lingue diverse e persino chi lo ritenne figlio di Leonardo da Vinci, senza contare chi ha avanzato l'ipotesi che ci si trovasse di fronte alla versione più segreta della leggendaria Clavicola di Salomone, testo magico per antonomasia. Non dimentichiamoci però che tanti sono stati i ricercatori pronti a giurare che si trattasse dell'opera di una civiltà extraterrestre, contenente chissà quali segreti ultraterreni ed extraumani. Al momento non siamo assolutamente in grado né di stabilire la paternità dell'opera, né di sentenziare che la soluzione al grande dilemma si trovi tra le teorie proposte nel corso del tempo ed appena citate. Certo è, però, che dai costumi dei personaggi illustrati e dallo stile dell'intera opera potremmo pensare che sia stato redatto non più tardi della fine del XIV secolo. In realtà il primo documento che lo cita risale al Seicento in cui in una lettera si menziona il probabile acquisto dello stesso testo da parte di Rodolfo II, imperatore dell'antico Sacro Romano Impero che lo pagò ben seicento ducati d'oro. A seguire pare che il manoscritto sia scomparso, non se ne sono trovate altre tracce, fino al 1666 quando il rettore dell'università di Praga, tal Joannes Marcus Marci, presumibilmente detentore del testo, chiese al gesuita Athanase Kircher, esperto crittografo, di poterne tentare la soluzione, decodificandolo e, finalmente, chiarendo ogni dubbio circa il suo significato ed il suo contenuto. Riapparve concretamente nel 1912 proprio in un convento di gesuiti, ma da allora nessuno ha mai saputo trovare la chiave per aprire questo enorme mistero. Recentemente c'è stato anche chi ha ipotizzato una burla ai danni di Rodolfo II, ma come avrebbe potuto un qualsiasi truffatore medioevale produrre ben 230 pagine con una struttura di base così lineare e perfetta? La Griglia di Cardano, strumento inventato dal grande algebrista italiano omonimo e caratterizzato da un foglio di cartone nel quale vengono praticati casualmente buchi rettangolari, si potrebbe arrivare ad una plausibile spiegazione del tutto. L'unico incoveniente è che la griglia (e quindi la disposizione degli spazi) deve essere assolutamente identica in tutto e per tutto a quella del mittente. Parole prive di senso o vero e proprio messaggio nascosto? Geniale rompicapo o sgradevole truffa? Difficile dirlo quando ci si trova di fronte ad un'opera così intensamente intricata e difficile da collocare nel tempo e nello spazio. Tante le ipotesi, poche quelle convincenti. Altrettanto numerosi gli studiosi che hanno provato a risolvere il mistero, nessuno che finora sia realmente riuscito nell'ardua impresa.

A presto dal vostro caro Calì.

mercoledì 11 febbraio 2009

Tritemio e le parole dell'oscurità


Scritta dall'abate Tritemio intorno al 1500, pare che la versione della Steganographia messa al rogo dalla Chiesa contenesse oltre ai codici cifrati tuttora consultabili ma difficili da comprendere, il segreto e le modalità per comunicare a distanza senza minimamente far uso dei metodi allora tradizionali e comuni, come le lettere, i messaggeri e magari anche qualche piccione viaggiatore. Pubblicato per la prima volta nel 1606 a Francoforte, fino a quel giorno il testo veniva tramandato solo attraverso copie scritte manualmente. Prendendo in considerazione le probabili cattive trascrizioni, letture errate e le versioni corrotte rispetto all'originale, non possiamo che tenere presente che il testo giunto fino ai giorni nostri non è, non può essere e non sarà mai un testo attinente a quello del 1500. La supposizione, in questo caso, viene da sé. Dell'autore, a differenza di molti altri manoscritti segreti che restano immersi nel mistero più totale, sappiamo che fosse a conoscenza del latino, del greco, dell'ebraico e che fosse un profondo studioso interessato a diverse discipline, dalla mente aperta e piuttosto ricettiva. L'incontro che gli cambiò per sempre la vita avvenne nel 1479 quando, come riportano le attendibili testimonianze di eminenti storici, conobbe un Maestro dei Rosa+Croce. Divenne abate entrando in un monastero benedettino a soli vent'anni e sebbene alcuni iniziarono a considerarlo un santo, molti altri cominciarono a giudicarlo un mago: persino illustri personaggi come Cornelio Agrippa e Paracelso si recavano da lui per scambi di opinioni o semplici consulti. In seguito gli altri monaci, probabilmente esasperati dalla fama del loro abate così attivo e di cui molte voci non esitavano a collegare a manie di evocazione di morti illustri, lo deposero dalla sua carica e Tritemio, volontariamente, si ritirò in solitudine scrivendo numerosi manoscritti e meditando fino all'anno della sua morte, esattamente il 1516. Grande studioso ma altresì notevole comunicatore, pare che Tritemio avesse intenzione di lasciare tutto il suo sapere ai posteri, a chi, dopo di lui, fosse stato interessato ad approfondire gli strumenti comunicativi allora poco o affatto conosciuti. Al tempo stesso però non voleva che tutto il suo bagaglio di conoscenze ed importanti informazioni cadesse in mani sbagliate o che, peggio ancora, cadessero vittime dalla mannaia della censura ecclesiastica. Pertanto decise di nascondere ciascuna delle misteriose nozioni fra le pagine di manoscritti apparentemente insignificanti, giudicati comunque troppo espliciti e che la Chiesa mutilò ugualmente. La sua opera più grande, Steganographia, frammentata in tre volumi distinti, raccoglie le conoscenze ultraterrene dell'autore, dall'invocazione degli spiriti nelle varie e propizie ore del giorno, alle tabelle numeriche, passando per i calcoli astronomici. Da sottolineare che ogni invocazione che Tritemio ha fissato nero su bianco, inizia col nome dello spirito da invocare e prosegue con le parole, apparentemente astratte e senza alcun senso logico, che in realtà nascondono un messaggio teso alla realizzazione e allo sviluppo dell'invocazione stessa: i profani non l'avrebbero in alcun modo compreso e che gli iniziati, invece, avrebbero appreso alla perfezione.

Da Calì per ora è tutto.

lunedì 9 febbraio 2009

FABIO CALI' CERCATORE DI RICERCHE 7: Nessuna certezza sui Globster


Se vi dico Blob, cosa vi viene in mente? A coloro che hanno collegato il nome ad un satirico programma televisivo, rispondo che non era esattamente quello che volevo sentirmi dire. In realtà i Blob (o Globster), termine coniato nel 1962 da Ivan T. Sanderson nel 1960 per descrivere e definire un'enorme carcassa arenatasi in Tasmania, sono delle gigantesche masse organiche che per la loro resistenza a identificazioni e collegamenti con animali conosciuti, si differenziano dai più comuni scheletri marini. Tanti sono stati i ritrovamenti di fibrosi colossi simili, ma per quanto riguarda il caso della Tasmania va ricordato che non vennero trovati occhi, struttura ossea o una testa ben definita. Gli esperti di criptozoologia e di biologia hanno avanzato diverse ipotesi circa la natura di tali esemplari: si va dai calamari e dalle piovre giganti, passando per balene, megattere, capodogli o grandi squali in avanzato stato di decomposizione, fino alla probabilità più temuta e al tempo stesso più affascinante: che ci si trovi di fronte a giganteschi invertebrati completamente sconosicuti. Se alcune tra le carcasse ritrovate, nella maggior parte dei casi arenate sulla spiaggia, sono state identificate come effettivamente grandi animali marini conosciuti ai più, altre restano tutt'ora un enigma da decifrare. Dal 1896 in cui in Florida fu rinvenuto il primo globster, tanti anni sono passati. Sono stati analizzati blob simili a giganteschi orsi polari, ricoperti da un fitto pelo bianco ma con al posto della testa una strana proboscide e con la coda simile a quella delle aragoste (il che farebbe evidentemente disintegrare l'ipotesi dell'orso), simili a mastodontiche piovre, alte quasi tre metri, maleodoranti, con piccoli tentacoli disposti asimmetricamente e con la silhouette di un cappello a bombetta con le branchie, e strani esemplari con le zanne, il pelo lanoso delle pecore ma untuoso e gelatinoso al tatto e completamente privo di struttura ossea e cartilagine. L'unico elemento che li accomuna è l'estrema resistenza dei tessuti, oltre allo straordinario effetto di mostruosità che suscita in chi ci si imbatte. Il risultato di tante ricerche e tentativi di darsi una risposta? Il disorientamento più totale di fronte ai resti di animali che, la maggior parte dei ricercatori, non hanno esitato a commentare con impaccio e stordimento dichiarando, il più delle volte, "Non riesco ad immaginare niente che gli somigli".

Anche per oggi Calì ha fatto il suo dovere di cronista di misteri.

domenica 8 febbraio 2009

Invisibilità, dai prodigi di Harry Potter alle ricerche in laboratorio


Fabio Calì l'uomo invisibile. Non suona bene?
Chi non ha mai sognato di essere invisibile? Credo che la fila sia lunga. Bene, per tutti coloro che almeno una volta nella loro vita hanno desiderato anche solo per un istante di tagliare la corda e sparire nel nulla, sono in arrivo buone notizie. Pare infatti che finalmente il mantello che rende invisibili, protagonista di celeberrimi film fantascientifici, cartoon e fumetti, abbia serie possibilità di diventare realtà. Gli scienziati della nota università di Berkley, in California, hanno recentemente dichiarato di aver appena compiuto un importante passo in avanti nello sviluppo di tecniche e materiali in grado di occultare alla vista cose, persone ed animali. Il gruppo di ricercatori in questione, coordinati dal professor Xiang Zhang, hanno per la prima volta dimostrato l'opportunità concreta di schermare oggetti tridimensionali alla vista, utilizzando strumenti artificiali per reindirizzare la luce. L'invenzione, ora, potrebbe trovare numerose applicazioni nei settori più disparati, soprattutto in quello militare visto che è stato proprio il Dipartimento US per lo studio in campo militare a sovvenzionare gran parte della sperimentazione. Ma come fanno gli oggetti a sparire nel nulla? Meglio ribaltare la domanda: come facciamo a visulizzare ogni cosa che ci circonda? In realtà un oggetto si rende visibile e quindi percepibile perché disperde la luce da cui è colpito, riflettendone una parte negli occhi di chi lo guarda. A questo punto occorre dunque precisare che il mantello dell'invisibilità sarebbe da considerare come la cosiddetta meta-materia, costruita in lega metallica, ceramica, teflon o in fibre composite, in grado non solo di deviare la luce, i radar o altre onde intorno all'oggetto (come accade ad esempio all'acqua di un ruscello quando incontra una roccia sul suo percorso), ma è disegnato proprio per curvare la luce visibile. Al momento il gruppo di ricerca sta tentando di impiegare la meta-materia per deviare le onde luminose senza creare né ombre né riflessi: una tecnologia nuova, assai diversa dal celebre Stealth (impiegata dai cacciabombardieri dell'aviazione militare americana) che rende sì invisibile ed impercettibile il velivolo, ma ne rende difficile l'individuazione ed il controllo, riducendone soltanto la superficie rilevabile dai radar. Allora, fan di Harry Potter e di tutta quella schiera di supereroi di cui in un batter di ciglia perdiamo ogni traccia: siete pronti, anche voi, a sparire?

Anche il vostro Calì sparisce e vi dà appuntamento al prossimo post.